LE POTENZIALITÀ DEL GRAFENE
Definito da molti il “materiale delle meraviglie” oppure il “materiale magico”, il grafene promette di diventare parte fondamentale del nostro futuro, integrandosi in più aspetti della nostra vita, dall’uso quotidiano a quello specialistico, dal settore elettronico a quello biomedico.
Chiunque di noi abbia disegnato con una matita di grafite, a sua insaputa, ha prodotto del grafene, il quale infatti non è altro che un singolo strato di grafite, ossia un foglio di atomi di carbonio legati in una struttura planare ad anelli esagonali a nido d’ape (che nella grafite sono legati tra loro da deboli forze di Van Der Waals). Si può considerare bidimensionale, dato che lo spessore di uno strato monoatomico è di 0,34 nanometri, dove un nanometro corrisponde ad un miliardesimo di metro.
Sebbene la sua esistenza sia stata teorizzata da tempo, i primi studi teorici risalgono infatti al 1947, si pensava che non fosse possibile produrlo in quando si riteneva la struttura planare termodinamicamente instabile, tendente a formare strutture tridimensionali quali i fullereni o i nanotubi. Il termine “grafene” è stato coniato nel 1987 per descrivere gli strati costitutivi della grafite ed ampliamente usato nei successivi lavori riguardo ai nanotubi.
Figura 1: Struttura dei materiali grafitici. Da sinistra a destra, un fullerene, un nanotubo e grafene |
I tentativi di isolare il grafene furono infruttuosi fino ad un venerdì del 2004, uno di quei venerdì diventati successivamente famosi nell’Università di Manchester in cui gli scienziati Andre Geim e Kostya Novoselov facevano esperimenti non necessariamente legati al loro lavoro quotidiano. Utilizzando un metodo tanto semplice quanto efficace i due riuscirono per la prima volta a produrre un foglio di grafene, impresa che valse loro il premio Nobel per la fisica nel 2010. Gli studiosi compresero che tramite l’uso di semplice nastro adesivo riuscivano a separare frammenti di grafite fino a creare strati monoatomici, fiocchi di grafene.
Questo evento ha aperto il campo agli studi delle numerose caratteristiche del materiale, dapprima solo teorizzate, ma che da quel momento diventarono realtà in mano a sempre più scienziati nel mondo, grazie alla facilità del metodo proposto dai due professori.
Tra le caratteristiche più importanti del grafene c’è quella di essere un semiconduttore ad energy gap nullo, con una conducibilità elettrica molto alta e una bassa resistività, le uniche limitazioni che presenta sono dovute alla purezza e alla natura chimica del substrato su cui viene montato. Ciò rende questo materiale un ottimo candidato per l’elettronica, con la possibilità di creare transistor e microchip che superino in prestazioni quelli in silicio.
Il grafene è inoltre è praticamente trasparente alla luce dall’infrarosso all’ultravioletto (la trasmissione ottica è circa il 98 % della luce incidente), risulta quindi adatto per la produzione di touch screen stampabili su semplici fogli di plastica invece che di vetro. Inoltre tale innovativo materiale potrebbe fornire come ulteriore contributo la sua incredibile resistenza meccanica che renderebbe possibile creare schermi curvati o addirittura arrotolabili.
Sono poi in sviluppo promettenti tipi di pannelli solari in cui il grafene sostituisce gli ossidi di Indio-Stagno più fragili e costosi, taluni dei quali consistono di celle fotovoltaiche inserite tra due strati di grafene, in cui la luce attraversa gli strati di grafene e colpisce la cellula fotovoltaica, generando elettricità trasportata poi dal grafene. Inoltre il grafene può agire come condensatore per accumulare energia elettrica prodotta da celle solari, i supercondensatori basati su tale materiale mostrano una densità di energia specifica di 85,6 Wh/kg a temperatura ambiente e 136 Wh/kg a 80 °C, che è simile a quella delle batterie nichel-idruri metallici con la fondamentale differenza è che questi supercondensatori possono essere riutilizzati un numero indefinito di volte e essere caricati e scaricati in modo veloce.
Figura 2: Rappresentazione schematica di una cella solare che consiste di una cella fotovoltaica inserita tra due strati di grafene. La luce attraversa il grafene ed è assorbita dal silicio, i fotoni eccitano gli elettroni del silicio che migrano al contatto negativo di grafene e si muovono attraverso la struttura del grafene verso un circuito esterno che producendo elettricità (Fonte: Treccani) |
Esistono anche numerosi studi che riguardano l’impiego del grafene per lo stoccaggio d’idrogeno a temperatura ambiente nelle celle a combustibile. Si è infatti dimostrata la possibilità di produrre idrogeno a partire dall’acqua utilizzando una superficie di nichel rivestita di grafene, il dispositivo funziona da catalizzatore rompendo le molecole di acqua in gruppi ossidrilici (OH-) e atomi di idrogeno che vengono adsorbiti sul grafene.
Le molecole di gas che si depositano sul grafene alterano le sue proprietà elettroniche in maniera misurabile. Ciò permette di creare sensori basati sul grafene in grado di analizzare la presenza di gas nocivi (NO2, NH3, CO) e di vapore acqueo H2O.
Alcune ricerche hanno mostrato che la struttura molecolare del grafene può essere gestita in modo da creare fori di qualsiasi dimensione sulla sua superficie, realizzando così una sorta di setaccio molecolare. Tale caratteristica consentirebbe di utilizzare il grafene nella desalinizzazione dell'acqua in modo nettamente più efficiente di quelli utilizzati ad oggi che richiedono una pressione elevatissima, con conseguente alto consumo di energia, per forzare l’acqua attraverso membrane che sono circa un migliaio di volte più spesse del grafene.
Figura 3: Il foglio di grafene con fori di dimensioni opportune, permette soltanto il passaggio delle molecole di acqua (rosse e bianche), mentre blocca gli ioni di Sodio e Cloro (viola e verde) del sale |
In virtù di queste inebrianti caratteristiche e potenzialità di questo materiale, la Commissione Europea nel gennaio del 2013 ha annunciato l’avvio di un progetto di ricerca dedicato al grafene, con un investimento di 1 miliardo di euro e una durata di 10 anni.
L’obiettivo del Graphene Flagship Project, che comprende più di 140 organizzazioni in 23 paesi, è portare le teorie e le simulazioni riguardo ai vari utilizzi ad un livello più concreto, non solo con la precisa determinazione delle caratteristiche del grafene, ma tramite l’implemento di quello che ad oggi è il punto debole del materiale delle meraviglie, ossia il metodo di sintesi.
L’Italia è stata fin da subito in prima linea in tale progetto e dopo l’ammissione di nuovi partner nel 2014, partecipa con ben 23 partner tra istituti di ricerca e imprese, al pari con la Germania, tra i paesi più rappresentati. I membri italiani del megaconsorzio sono: CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), Fondazione Bruno Kessler, Politecnico di Milano, Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), Politecnico di Torino, ST Microelectronics, Università di Trieste, Università di Padova, Breton, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Italcementi, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, Selex ES, Università di Pisa, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Università di Salerno, Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni, Libre, Grinp, Dyesol Italia, Centro Ricerche Fiat S.c.p.A, Nanesa e Delta-Tech.
Risulta difficile prevedere se e in quale modo il grafene potrà cambiare le nostre vite, lo stesso Andre Geim alla domanda “A cosa serve il grafene?” ha risposto: "Non lo so. È come presentare un pezzo di plastica a un uomo di un secolo fa e chiedergli cosa ci si può fare. Un po' di tutto, penso".
Sarebbe riduttivo pensare al solo sviluppo di tecnologie già esistenti, infatti, come disse Herbert Kroemer, premio Nobel per la Fisica del 2000: “L’applicazione principale di ogni nuova tecnologia è sempre un’applicazione creata dalla nuova tecnologia”.