QUEL CHE C’È DA SAPERE
Secondo una relazione della Corte dei conti europea, il costo stimato della disattivazione dei reattori nucleari di prima generazione di concezione sovietica in Lituania, Bulgaria e Slovacchia ammonterà ad almeno 5,7 miliardi di euro e potrebbe raddoppiare se si includono le spese di smaltimento finale dei rifiuti ad alta attività.
“Mi preoccupa il fatto che i progetti di disattivazione chiave abbiano subito ritardi, che vi siano ancora deficit di finanziamento e che non siano stati compiuti sufficienti progressi verso lo smaltimento finale dei rifiuti nucleari ad alta attività”, ha dichiarato Phil Wynn Owen, il Membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione.
Gli auditor della Corte hanno esaminato i progressi compiuti nell’ambito dei programmi di assistenza alla disattivazione nucleare dell’Ue dal 2011. Le autorità degli Stati membri dichiarano che le centrali sono state chiuse in maniera irreversibile; tuttavia, non tutte le realizzazioni attese dalla Commissione europea per valutare i progressi verso una chiusura irreversibile sono stati pienamente ottenute. Lo smantellamento delle componenti chiave nelle zone a più basso livello di radioattività, come le sale turbine, è a buon punto presso le centrali di Ignalina (Lituania), Kozloduy (Bulgaria) e Bohunice (Slovacchia). Tuttavia, restano ancora da affrontare le sfide cruciali insite nei lavori da eseguire nelle zone che presentano un livello di radiazione più elevato, come negli edifici dei reattori. I tre Stati membri hanno predisposto alcune infrastrutture essenziali e temporanee per la gestione dei rifiuti in loco, ma quasi tutti i progetti infrastrutturali chiave hanno subito ritardi, i maggiori dei quali sono stati osservati in Lituania, dove, rispetto alle previsioni del 2011, la data di conclusione della disattivazione è stata posticipata di altri nove anni, al 2038.
La Corte dei conti europea osserva che i costi futuri associati alla disattivazione nucleare e allo smaltimento finale del combustile nucleare esaurito non sono sempre rilevati come accantonamenti e/o riportati nelle note allegate ai conti. Ciò riduce la trasparenza e ostacola la capacità delle autorità competenti di pianificare in maniera adeguata come far fronte ai costi futuri di disattivazione e smaltimento.
La Corte dei conti raccomanda alla Commissione europea di:
• fare in modo che i fondi Ue di assistenza alla disattivazione nucleare siano impiegati per coprire esclusivamente i costi del personale addetto a tempo pieno ad attività di disattivazione;
• adoperarsi, unitamente a tutti gli Stati membri in causa, affinché tutte le spese future associate alla disattivazione nucleare e allo smaltimento finale del combustibile esaurito siano contabilizzate in maniera adeguata e trasparente;
• insieme a tutti gli Stati membri coinvolti, vagliare le opzioni per lo smaltimento finale del combustibile esaurito e dei rifiuti ad alta attività, comprese le eventuali soluzioni regionali e altre soluzioni in ambito Ue.
Quando Lituania, Bulgaria e Slovacchia erano paesi candidati all’adesione all’Unione europea, come condizione al loro ingresso fu posta la chiusura, con successiva disattivazione, di otto reattori nucleari di prima generazione e di concezione sovietica presso tre centrali nucleari a Ignalina (Lituania), Kozloduy (Bulgaria) e Bohunice (Slovacchia). Lo spegnimento e la successiva disattivazione di tali reattori nucleari prima della conclusione del ciclo di vita previsto costituivano un gravoso onere economico e finanziario. L’Ue ha quindi deciso di erogare sostegno finanziario a decorrere dal 1999. Entro il 2020, il sostegno dell’Ue alla disattivazione nucleare avrà raggiunto, in totale, i 2.955 milioni di euro; la quota maggiore sarà percepita dalla Lituania (1.553 milioni di euro), seguita dalla Bulgaria (731 milioni di euro) e dalla Slovacchia (671 milioni di euro). Inoltre, durante il periodo conclusosi nel 2013, sono stati messi a disposizione 890 milioni di euro per progetti volti a mitigare alcuni effetti della perdita di capacità produttiva energetica a livello nazionale causata dalla chiusura anticipata.