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2024-03-29 03:08

La Disponibilità dei Dati Ambientali e la Formazione delle Politiche

APRITI SESAMO!

di: 
Marco Talluri

L’autore ripercorre i principi e le tappe di affermazione nel nostro paese, del diritto di accesso a dati ambientali, aperti, disponibili, comprensibili: una condizione per la crescita della consapevolezza e della cultura ma anche uno strumento per il concreto esercizio della democrazia.

Quando si parla di informazione ambientale dobbiamo essere consapevoli che non si tratta di una “concessione” da chiedere, ma un diritto che tutti i cittadini hanno e che le amministrazioni pubbliche che le detengono hanno il dovere di mettere a disposizione di tutti.

Questo aspetto fondamentale è stato ben chiaro fino da quando nel nostro Paese si è iniziato a parlare d’ambiente. Infatti, già nella legge 349/86 che ha istituito il Ministero dell’Ambiente all’art.14 ha introdotto due principi fondamentali:

- al comma 1, si afferma il dovere dell’amministrazione di svolgere un’azione proattiva di informazione ambientale: “Il Ministro dell'ambiente assicura la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente.”

- al comma 3, si stabilisce il diritto di accesso alle informazioni da parte dei cittadini: “Qualsiasi cittadino ha diritto di accesso alle informazioni sullo stato dell'ambiente disponibili, in conformità delle leggi vigenti, presso gli uffici della pubblica amministrazione, e può ottenere copia previo rimborso delle spese di riproduzione e delle spese effettive di ufficio il cui importo è stabilito con atto dell'amministrazione interessata.”

Non è un caso che proprio alla stesura di questo articolo abbia contribuito direttamente il fondatore degli Amici della Terra Mario Signorino, Senatore nella IX legislatura e ideatore, nel 1988, della campagna “Apriti Sesamo per il diritto di accesso dei cittadini all’informazione sull’ambiente” che ha caratterizzato tutte le iniziative di politica ambientale dell’Associazione, dalla lotta contro il nucleare al referendum per i controlli ambientali alla proposta di legge a prima firma Filippini che portò all’approvazione della legge 61/1994 istitutiva dell’ANPA (ente precursore dell’ISPRA) e delle Agenzie regionali per l’ambiente.

L’articolo della legge 349/86 anticipa di un lustro la legge che generalmente è considerata come la prima che ha introdotto il principio della “trasparenza amministrativa” ed il “diritto di accesso”, e cioè la legge 241/90. Una pietra miliare nel passaggio da una amministrazione pubblica la cui regola base era l’opacità, ad una che si iniziava a definire come dover essere una “casa di vetro”.

Fra l’altro la legge 241/90 stabiliva che ’’al fine di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse diretto, concreto e attuale per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi’’.

Solamente in anni molto più recenti anche in Italia, sulla scorta delle esperienze di oltre 100 paesi nel mondo che hanno adottato Freedom of Information Act (FOIA), cioè la normativa che garantisce a chiunque il diritto di accesso alle informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni, salvo i limiti a tutela degli interessi pubblici e privati stabiliti dalla legge, è stato introdotto il cosiddetto diritto di “accesso civico generalizzato”, con il decreto legislativo 97/2016

al fine di promuovere una maggiore trasparenza nel rapporto tra le istituzioni e la società civile e incoraggiare un dibattito pubblico informato su temi di interesse collettivo. Giornalisti, organizzazioni non governative, imprese, cittadini italiani e stranieri possono richiedere dati e documenti, così da svolgere un ruolo attivo di controllo sulle attività delle pubbliche amministrazioni.

L’importanza della raccolta e diffusione dei dati ambientali è presente poi fino dalla costituzione dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente di cui Mario Signorino fu il primo presidente. Nell’art.1 della legge 61/1994 fra i compiti della neonata ANPA si indicano:

“b) nella raccolta sistematica, anche informatizzata, e nella integrale pubblicazione di tutti i dati sulla situazione ambientale, anche attraverso la realizzazione del sistema informativo e di monitoraggio ambientale in raccordo con i Servizi tecnici nazionali;

c) nella elaborazione di dati e di informazioni di interesse ambientale, nella diffusione dei dati sullo stato dell'ambiente, nella elaborazione, verifica e promozione di programmi di divulgazione e formazione in materia ambientale”.

Passaggio fondamentale poi in questo ambito è poi costituito dalla "Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l'accesso alla giustizia in materia ambientale" che è stata firmata nella cittadina di Aarhus, in Danimarca, nel 1998. Ad essa ha fatto seguito la direttiva 2003/4/CEE e quindi il decreto legislativo n. 195/2005.

In base a queste normative – ben prima del FOIA - chiunque può accedere alle informazioni sullʼambiente: qualsiasi persona, fisica o giuridica, ha il diritto di chiedere e ottenere unʼinformazione senza bisogno di dimostrare uno specifico interesse o una specifica ragione in relazione alla propria richiesta.

Il concetto di ʻinformazione ambientaleʼ è inteso in un senso estremamente ampio, trattandosi di ʻqualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale, con riferimento a:

  • gli elementi dellʼambiente (ad esempio, aria, acqua, suolo, ecc.);
  • i fattori, le misure, le attività che hanno un impatto su tali elementi (ad esempio disposizioni legislative, piani, programmi);
  • lo stato di salute e le condizioni di vita delle persone.

Per garantire lʼaccesso alle informazioni, lʼautorità pubblica è tenuta non solo a svolgere un ruolo passivo, assicurando la trasparenza dei dati a propria disposizione, ma anche un ruolo attivo, mobilitandosi per favorire la raccolta, lʼaggiornamento e la diffusione delle informazioni. Attività di orientamento, campagne di sensibilizzazione ed educazione ambientale, banche dati elettroniche, registri, inventari, rapporti sullo stato dellʼambiente sono alcuni degli strumenti da utilizzare a questo scopo.

Il decreto legislativo 33/2013 sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, che ha introdotto le sezioni “Amministrazione trasparente” nei siti web di tutte le pubbliche amministrazioni, all’art. 40 prevede poi l’obbligo per tutte le amministrazioni di pubblicare “sui propri siti istituzionali e in  conformità a quanto previsto dal presente decreto, le informazioni ambientali di cui all'articolo 2,  comma  1, lettera a), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, che detengono ai fini delle proprie attività istituzionali, nonché le relazioni di cui all'articolo 10 del medesimo decreto legislativo. Di tali informazioni deve essere dato specifico rilievo all'interno di un'apposita sezione detta «Informazioni ambientali».”

Un altro tassello importante in questo ambito è costituito poi dai cosiddetti “dati aperti” (open data). Il concetto di apertura dei dati va infatti oltre quello di trasparenza. Come ha recentemente affermato Cristina Da Rold  in un seminario sull’argomento, i dati aperti sono un mezzo per esercitare la “democrazia”. I dati pubblici hanno un potenziale enorme, che però non può esprimersi a pieno se i dati non vengono veramente aperti. Per fare ciò non basta pubblicarli, ma occorre anche eliminare qualunque limitazione (giuridica, finanziaria o tecnologica) al loro riutilizzo da parte di altri (Art.1 lettera l) del decreto legislativo 82/2005 Codice dell’Amministrazione Digitale).

Insomma, le norme che sanciscono il diritto di tutti a poter fruire dei dati ambientali ci sono ampiamente, il punto è capire se a questo diritto corrisponde una realtà effettiva.

In campo ambientale il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (che costituisce l’evoluzione dell’ANPA sopra citata e delle agenzie regionali), istituito con una legge del 2016 approvata all’unanimità dal Parlamento, che ha formalizzato la rete, con una soluzione “federale” di Ispra e delle 21 agenzie regionali e delle province autonome, è il fornitore dei dati “ufficiali”.

Questo carica di responsabilità il Sistema, che ha quindi il compito di raccogliere i dati che recupera attraverso le proprie attività di monitoraggio di tutte le matrici ambientali (aria, acqua, suolo, agenti fisici), organizzarli e diffonderli. Tutto questo usando procedure di qualità “certificate”, che garantiscano pienamente la correttezza e veridicità dei dati forniti.

Questo ultimo aspetto è ovviamente essenziale. Occorre che tutto il processo di raccolta, organizzazione e diffusione dei dati ambientali sia inserito in un sistema di certificazione di qualità, fondato sulla definizione di modalità standardizzate (verificabili e replicabili) di effettuare tutte le operazioni svolte, così come avviene per altre attività del SNPA, come – ad esempio – quelle laboratoristiche.

Ormai da tempo è cresciuta la “sfiducia” nei confronti di tutta la pubblica amministrazione e la tendenza sempre più accentuata alla conflittualità molto forte sui temi ambientali. Le agenzie ambientali si devono frequentemente confrontare con le critiche di cittadini, aziende, comitati, amministratori e politici ogni qual volta esprimono giudizi non conformi alle loro attese. Il fatto che queste critiche provengano, a seconda dei casi, da parte di soggetti che esprimano e rappresentano interessi del tutto contrastanti, confermano lo sforzo che le agenzie ambientali compiono ogni giorno per garantire concretamente la propria terzietà.

La terzietà delle agenzie ambientali, fortemente caratterizzate come «enti tecnico-scientifici» dalla legge 132/2016, consiste anche nel mettere a disposizione di tutti dati e informazioni ambientali oggettive. Altri, le istituzioni, le associazioni, i partiti, i media, i cittadini possono esprimere le loro preferenze, le loro valutazioni soggettive, secondo il proprio punto di vista.

I dati ambientali raccolti dal SNPA costituiscono un patrimonio enorme, in continua evoluzione, presente nelle banche dati dei 22 enti (Ispra, Arpa, Appa) che compongono il Sistema, e che devono essere integrate. Si tratta di un impegno da far tremare i polsi che, anche da solo, giustificherebbe l’esistenza del SNPA.

Non è sufficiente parlare genericamente di “pubblicazione dei dati ambientali”, si tratta di definirne le caratteristiche, e cioè i dati devono essere, oltre che certificati (quindi attendibili):

- tempestivi e continuativi,

- completi ed esaurienti,

- facilmente fruibili,

- facilmente comprensibili,

- in formato aperto e quindi riusabili.

Ecco, ogni pubblicazione di dati ambientali dovrebbe essere letta secondo questa “griglia”, per capire se e cosa c’è da migliorare. Tutto questo richiede una forte volontà “politica”; adeguate competenze tecniche, informatiche, e comunicative che lavorino insieme; risorse economiche adeguate.

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, non possiamo nasconderci che questo Paese che spesso si riempie la bocca della parola “ambiente” investe sul Sistema per la protezione dell’ambiente cifre irrisorie, meno del costo di un caffè al mese per abitante. Il bilancio complessivo di tutti e 22 gli enti che compongono il Sistema è inferiore a quello di una media azienda sanitaria locale. Le risorse sono sempre state decrescenti, così come il personale. Se davvero si vuol parlare di “transizione ecologica” non si può prescindere da una decisa svolta su questi aspetti.

Invece, sono disponibili le competenze tecniche, informatiche e comunicative, anche se sarebbe necessaria una forte iniezione di forze giovani: l’età media del personale del SNPA è superiore ai cinquant’anni, così come in gran parte della pubblica amministrazione, a causa delle politiche di blocco del turn-over di tanti anni. Ma è indispensabile comprendere che nessuna di queste tre componenti (gli esperti delle singole materie, i tecnici, gli informatici e i comunicatori) possono fare da sé, occorre cooperazione e integrazione dei diversi punti di vista, per far sì che le risposte alla griglia che sopra ho proposto siano tutte affermative.

Infine, occorre la volontà politica: in una democrazia le scelte passano anche e soprattutto dalla capacità dell’opinione pubblica di determinarle. Pretendere il rispetto del proprio diritto a poter fruire di un sistema di diffusione delle informazioni ambientali adeguato è cruciale, perché attraverso di essa, attraverso la trasparenza, si può avere cognizione di tanti problemi, innescando quindi tanti circuiti virtuosi (conoscenza-azione-cambiamento), che altrimenti rimarrebbero impossibili.

La disponibilità dei dati ambientali è essenziale per contribuire al formarsi di opinioni avvedute e favorire processi decisionali efficaci. È una esigenza fondamentale anche per i decisori pubblici. Per essi e per tutta la pubblica amministrazione, i dati ambientali dovrebbero costituire la “benzina” da utilizzare per effettuare analisi della realtà secondo modelli quali quello messo a punto dall’Agenzia Europea per l’Ambiente con il modello denominato DPSIR (Driving force, Pressure, State, Impact, Reponse).

La struttura dello schema è costituita da sottosistemi DPSIR, legati tra loro da una catena di relazioni essenzialmente di tipo causale:

D – Driving forces – Determinanti o Forze determinanti – Attività e comportamenti umani derivanti da bisogni individuali, sociali, economici; stili di vita, processi economici, produttivi e di consumo da cui originano pressioni sull’ambiente;
P – Pressures – Pressioni esercitate sull’ambiente in funzione delle determinanti, cioè delle attività e dei comportamenti umani come ad es. emissioni atmosferiche, rumore, campi elettromagnetici, produzione di rifiuti, scarichi industriali;
S – States – Stati – Qualità e caratteri dell’ambiente e delle risorse ambientali che possono essere messi in discussione dalle pressioni, qualità considerate come valori (fisici, chimici, biologici, naturalistici, testimoniali, economici) che occorre tutelare e difendere;
I – Impacts – Impatti – Cambiamenti significativi dello stato dell’ambiente che si manifestano come alterazioni negli ecosistemi, nella loro capacità di sostenere la vita, la salute umana, le performance sociali ed economiche;
R – Responses – Risposte – Azioni di governo messe in atto per fronteggiare le pressioni; oggetto della risposta può essere una determinante, una pressione, uno stato, un impatto, ma anche una risposta pregressa da correggere; le risposte possono assumere la forma di obiettivi, di programmi, di piani di finanziamento, di interventi ecc.

Questa metodologia permette un collegamento logico tra gli elementi e i sistemi che compongono l’ambiente. La disponibilità di dati completi ed attendibili permette di “far girare” questo modello di analisi della realtà e di assumere decisioni (risposte) che siano adeguate ad agire davvero sulle cause (determinanti) dei problemi ambientali (pressioni ed impatti), migliorando la qualità dell’ambiente (stato).

È troppo pretendere dalla politica di uscire dalla logica degli annunci, delle dichiarazioni di principio, per misurarsi con i dati concreti e reali, misurabili, che permettano poi di verificare l’efficacia delle decisioni assunte? Certamente è un diritto-dovere di tutti noi operare perché questo cambiamento avvenga.