Oggi:

2024-03-28 21:09

La Classifica Europea dell’Inquinamento Atmosferico in Base al Particolato Fine

QUALITA’ DELL’ARIA

di: 
Marco Talluri

L’Agenzia Europea per l’Ambiente pubblica una mappa visuale con i dati del PM2,5 in oltre 300 città europee, nelle quali vivono oltre 117 milioni di persone. Solamente in 5 di esse si supera i limiti di legge, ma in 196 non è rispettato il valore raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Secondo SNPA, nel 2020 in Italia, in 230 punti di campionamento su 296, la media annuale è stata superiore al valore raccomandato dall’OMS.

Foto di Copertina: European Environment Agency, European city air quality viewer: https://www.eea.europa.eu/themes/air/urban-air-quality/european-city-air-quality-viewer 


Il particolato fine PM2,5 un inquinante critico

L’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) ha pubblicato una nuova mappa visuale della qualità dell’aria urbana. Le città sono classificate, dalla più pulita alla più inquinata, sulla base dei livelli medi di particolato fine (PM2,5) degli ultimi due anni. La media annua di questo inquinante fornisce indicazioni sull’esposizione a lungo termine della popolazione.

Il PM2,5 (materiale particolato aerodisperso di dimensione inferiore a 2,5 μm), costituisce una delle componenti dell’inquinamento atmosferico sui cui si concentra l’attenzione in quanto vari studi epidemiologici sugli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico da particelle hanno evidenziato associazioni tra le concentrazioni in massa del PM2,5 e un incremento sia di mortalità che di ricoveri ospedalieri per malattie cardiache e respiratorie nella popolazione, anche tenendo conto che minore è la dimensione delle particelle e più facilmente esse riescono a penetrare nel nostro sistema respiratorio. Nella stessa premessa della Direttiva 2008/50/CE in materia di qualità dell’aria si afferma: “Il materiale particolato sottile (PM2,5) ha impatto molto negativo sulla salute umana. Finora, inoltre, non esiste una soglia identificabile al di sotto della quale il PM2,5 non rappresenti un rischio.”

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha definito orientamenti sanitari per l’esposizione a lungo termine al particolato fine pari a 10 microgrammi per metro cubo d’aria (10 μg/m3). L’Unione europea ha fissato un valore limite annuale per il particolato fine pari a 25 μg/m3.

Secondo il rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente sulla qualità dell’aria, nel quale si formulano stime sugli impatti sanitari dell’esposizione della popolazione ai diversi inquinanti, emerge che, nel 2018, l’esposizione a lungo termine al PM2,5 in Europa (compresi 41 paesi) è stato responsabile di circa 417.000 morti premature, di cui circa 379.000 nell’UE-28.

La mappa EEA della qualità dell’aria nelle città europee

La mappa visuale riporta dati sui livelli di particolato fine in oltre 300 città di tutti i paesi aderenti all’EEA, sulla base di quelli comunicati all’Agenzia dai paesi membri a norma delle direttive dell’UE sulla qualità dell’aria ambiente. I dati provengono dalle misurazioni a terra del PM2,5 effettuate da più di 400 stazioni di monitoraggio nelle aree urbane e suburbane, che delineano un quadro netto dell’esposizione della popolazione all’inquinamento atmosferico. 

Le letture e le classifiche si basano sulla concentrazione media annua di PM2,5 negli ultimi due anni solari, calcolata utilizzando dati aggiornati per l’anno più recente e dati convalidati sulla qualità dell’aria per l’anno precedente.

La mappa valuta i livelli di qualità dell’aria come segue: 

  • buoni per livelli di particolato fine inferiori al valore orientativo annuale dell’OMS secondo il quale non vanno superati i 10 μg/m3;
  • mediocri per livelli compresi tra 10 e meno di 15 μg/m3;
  • scarsi per livelli compresi tra 15 e meno di 25 μg/m3;
  • molto scarsi per livelli pari o superiori al valore limite dell’Unione europea di 25 μg/m3.

Dal 2019 al 2020, le tre città europee più pulite in termini di qualità dell’aria sono state Umeå (Svezia), Tampere (Finlandia) e Funchal (Portogallo), mentre le tre più inquinate sono state Nowy Sacz (Polonia), Cremona (Italia) e Slavonski Brod (Croazia). 

Delle 323 città che figurano nella mappa, 127 hanno una qualità dell’aria classificata come buona, nel senso che è al di sotto degli orientamenti sanitari per l’esposizione a lungo termine al PM2,5 – pari a 10 microgrammi per metro cubo d’aria (10 μg/m3) – fissati dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). In queste città vivono oltre 40 milioni di abitanti.

In 196 città europee, nelle quali vivono circa 76 milioni di persone invece, il valore raccomandato dall’OMS viene superato. Il particolato fine è l’inquinante atmosferico con la maggiore incidenza sulla salute in termini di morti premature e malattie. L’esposizione a lungo termine al PM2,5 causa malattie cardiovascolari e respiratorie.   

Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’EEA, commentando questa iniziativa dell’Agenzia, ha dichiarato: “Se da un lato la qualità dell’aria è notevolmente migliorata negli ultimi anni, dall’altro l’inquinamento atmosferico continua a rimanere elevato in molte città d’Europa. Questa mappa visuale della qualità dell’aria consente ai cittadini di constatare facilmente e in prima persona quale sia la situazione dell’inquinamento atmosferico nella loro città rispetto ad altre. Fornisce informazioni concrete e orientate al territorio alle quali i cittadini possono ricorrere per segnalare i problemi alle autorità locali. Questo aiuterà tutti noi a raggiungere gli obiettivi dell’UE in materia di ‘Zero Pollution’.”.


La situazione italiana

Per quanto riguarda l'Italia, il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (SNPA), che è composto da Ispra e dalle ARPA/APPA, a gennaio ha pubblicato i dati relativi alla media annuale del PM 2,5 nel 2020, nonché quelli relativi ai cinque anni precedenti (2015-2019).

Secondo il rapporto SNPA, per quanto riguarda il materiale particolato, si è registrata una riduzione nel corso degli anni, anche se inferiore a quella verificatasi per altri inquinanti, quali ossidi di zolfo, ossidi di azoto e composti organici volatili. A rallentare i progressi nella riduzione complessiva delle emissioni di particolato sono le emissioni provenienti dal riscaldamento degli edifici, a causa della forte penetrazione nel mercato dell’uso di dispositivi alimentati a biomassa (legna o derivati, considerati fonti rinnovabili).

Nel 2020 in Italia, il numero di stazioni di monitoraggio che hanno registrato un valore medio annuo superiore al limite di legge sono state 5 (1,7%), su un totale di 296; un quadro generale positivo riguardo al rispetto del limite di legge, ed analogo alla situazione registrata anche negli altri paesi europei.

La situazione è più problematica se si confrontano i dati rilevati con il valore raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che è assai sfidante, essendo la meno della metà del limite di legge. In questo caso le stazioni di monitoraggio che l’hanno superato nel 2020 sono state 230 (77,7%).

Secondo il SNPA si registra comunque l’esistenza di una tendenza di fondo alla riduzione delle concentrazioni di PM2,5 in Italia, sottolineando il lento, ma continuo incremento del numero di stazioni di monitoraggio che registrano valori inferiori a quelli raccomandati dall’OMS, dalle 12 (5%) del 2015 alle 55 (23%) nel 2019 alle 66 (22,3%) nel 2020.


La normativa europea e le prospettive

La normativa europea di riferimento è la Direttiva 2008/50/CE del 21 maggio 2008 relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, recepita in Italia con il Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n.155.

La Direttiva ha fissato un valore limite di 25 μg/m3 da assicurare al 1° gennaio 2015 ed un valore indicativo da prevedere in una Fase 2 di applicazione della Direttiva di 20 μg/m3 da assicurare al 1o gennaio 2020. Valore, però, che al momento non è diventato ancora cogente.

Peraltro, la Commissione Europea ha dato avvio ad una procedura di infrazione (2020/2299) relativamente al PM2,5, per il mancato rispetto, dal 2015, del valore limite che non è stato rispettato in diverse città della valle del Po, tra cui Venezia, Padova e alcune zone nei pressi di Milano. Come abbiamo visto, ancora nel 2020, ci sono cinque punti di campionamento che hanno superato il valore limite, non rispettando quindi la direttiva europea. È quindi ipotizzabile che alla fine del percorso, l’Italia collezioni un’altra condanna della Corte di Giustizia europea, come è già avvenuto per il PM 10, infatti, secondo la Corte, “il valore limite, stabilito al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e/o sull’ambiente nel suo insieme, deve essere conseguito entro un dato termine e non essere superato una volta raggiunto.”

Sulla necessità di azioni più incisive per la qualità dell’aria si è pronunciata persino la Corte dei conti europea in una relazione speciale pubblicata nel settembre 2018. La Corte ha evidenziato che gli standard sulla qualità dell’aria applicati dall’UE sono stati definiti quasi venti anni fa e che alcuni sono molto meno severi rispetto alle linee-guida dell’Organizzazione mondiale della sanità e ai livelli suggeriti dai più recenti riscontri scientifici. Inoltre, non comprendono norme per il PM2,5 nel breve periodo. La Corte sottolinea che la definizione di norme poco rigide non fornisce il giusto quadro di riferimento per tutelare la salute umana, ne consegue che sono conformi alla normativa dell’UE alcuni luoghi dove la qualità dell’aria è insoddisfacente.

Per quanto riguarda il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” le azioni previste riguardo alla qualità dell’aria sono contenute nella “Missione 2” con riferimento a due obiettivi:

  • “Sviluppo di un trasporto locale più sostenibile, non solo ai fini della decarbonizzazione ma anche come leva di miglioramento complessivo della qualità della vita (riduzione inquinamento dell’aria e acustico, diminuzione congestioni e integrazione di nuovi servizi)” favorendo l’utilizzo di biciclette e trasporto pubblico; sviluppando un’adeguata rete infrastrutturale di ricarica elettrica pubblica; accelerando la diffusione di trasporto pubblico locale ‘verde’, con un programma di rinnovamento del parco bus oramai obsoleto verso soluzioni a basse/ zero emissioni. per questi interventi sono previsti 8,58 miliardi di euro;

“Salvaguardia della qualità dell’aria e della biodiversità del territorio attraverso la tutela delle aree verdi, del suolo e delle aree marine”, prevedendo “una serie di azioni rivolte principalmente alle 14 città metropolitane, ormai sempre più esposte a problemi legati all'inquinamento atmosferico, all'impatto dei cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità, con evidenti effetti negativi sul benessere e sulla salute dei cittadini. La misura include lo sviluppo di boschi urbani e periurbani, piantando almeno 6,6 milioni di alberi (per 6.600 ettari di foreste urbane).”