CRISI DELLE RISERVE
Il tenore delle riserve minerarie indispensabili al Green deal dei paesi ricchi si abbassa costantemente e i prezzi salgono. Diventano convenienti anche le rocce che un tempo erano considerate rifiuti. Ma oggi, al termine di questa partita a poker, tra rilanci e bluff, siamo arrivati al “vedo” e la scarsità delle risorse può far saltare il piatto della transizione.
In un’intervista al Corriere della Sera del novembre scorso il prof. Giorgio Parisi ricordava:
“… bisogna essere in grado di sviluppare nuove tecnologie per conservare l'energia trasformandola in combustibili, tecnologie non inquinanti basate su risorse rinnovabili: non solo dobbiamo salvarci dall'effetto serra, ma dobbiamo evitare di cadere nella terribile trappola dell'esaurimento delle risorse naturali.” Affermazioni su cui è impossibile non concordare ma che, in questo momento, sembrano costituire un ossimoro.
La vera crisi dell’Antropocene è quella delle risorse: forse è esistito un tempo in cui l’uomo vedeva le risorse della terra come infinite e i danni ambientali causati dal loro consumo come trascurabili. Ma oggi, che ci apprestiamo ad estrarre più rame nei prossimi 25 anni di quanto estratto dall’età del bronzo, forse, sarebbe il caso di cominciare a prendere coscienza del differente costo ambientale tra forgiare vomeri ed inondare il pianeta con miliardi di pannelli fotovoltaici e turbine eoliche.
Tra i minatori vige un detto: "Se non è cresciuto, è estratto" con ciò intendendo che è l'estrazione mineraria che alimenta il mondo moderno. L'estrazione di minerali, metalli e combustibili dal suolo è una delle industrie più antiche dell'umanità. E la voracità per le risorse del Pianeta sta crescendo esponenzialmente.
Aumento della produzione globale 2000 – 2018.
Fonte: USGS data, World Bank data, BP Statistics 2011, BP Statistics 2019
Ma l’industria mineraria è anche la causa dei peggiori danni all’ambiente. Danni provocati in egual misura dall’estrazione dei combustibili fossili o dai metalli della transizione e senza che nulla sia destinato a cambiare perché, come sottolinea Mike Henry, CEO di BHP Billiton, non ci sarà nessuna transizione “verde” senza l’industria mineraria.
Ma se, come sottolinea proprio l’IPCC, la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico sono "inestricabilmente legati e si rafforzano a vicenda", se gli “hotspot” della biodiversità, come l'Amazzonia, sono essenziali per stabilizzare il clima globale, allora non c'è soluzione della sfida climatica senza risolvere la crisi della biodiversità.
E il primo nemico della biodiversità è l’estrazione mineraria: le quantità di materie prime necessarie alla transizione energetica, sommate alle necessità di un Pianeta con oltre otto miliardi di abitanti, potrebbero presto evidenziare i limiti della realtà fisica dell’estrazione e della chimica fisica della raffinazione. Pensare che l’industria mineraria, fornendo materie prime per società umane più pulite, possa essere la strada verso la sostenibilità, si rivela una tesi non realistica.
Infatti, il contesto globale è un sistema economico orientato al profitto che comporta una contabilità imperfetta, che tratta i beni collettivi ed ecologici come esternalità. L’elusione fiscale ed il segreto finanziario e le governance si presentano deboli rispetto al potere delle società estrattive (Giovanni Brussato, ENERGIA VERDE? PREPARIAMOCI A SCAVARE - Panorami (edizionimontaonda.it)).
Limits to Growth.
Oggi, un abitante di un paese ad alto reddito utilizza, ogni anno, circa 26 tonnellate di materie prime: il doppio rispetto a 20 anni fa. Lo stock di metalli di cui dispone ogni nuovo abitante di un’economia avanzata comprende circa 400 chilogrammidi rame, 200 chilogrammidi zinco, 8 tonnellate di ferro, 370 chilogrammidi piombo, 2 chilogrammidi argento e molte altre materie prime. Ma anche materie prime la cui disponibilità diamo per scontata, come la sabbia, stanno entrando in crisi (La sabbia, arma geopolitica per una crisi globale - Panorama). La Cina, come ritorsione per la visita di Nancy Pelosi a Taiwan, ha imposto un embargo sulle consegne di sabbia all’isola, anche per comprometterne la capacità di produrre dispositivi a semiconduttori come i telefoni cellulari.
La domanda di metalli nei prossimi 25 anni potrebbe portare al limite dell’esaurimento le riserve globali (Il rame e la matematica dei metalli - Energia (rivistaenergia.it)) e, mentre le miniere storiche si stanno esaurendo, le nuove prospezioni non promettono nulla di buono.
Come evidenziato nel grafico, elaborato dai dati di S&P Global Market Intelligence, l'aumento dei budget, nell'ultimo quinquennio, per l'esplorazione è aumentato di 18 volte. Un incremento da $ 17 aoltre $ 300 per tonnellata con il conseguente aumento dell'intensità del capitale che condiziona il costo della materia prima ma, aspetto più grave, senza ottenere risultati significativi in termini di nuove scoperte. Inoltre, l’industria mineraria sembra non credere agli investimenti nei cosiddetti metalli critici, visto che nei loro budget di spesa per le prospezioni, come evidenzia il grafico sotto, oltre il 50% dei costi viene ancora destinato all’oro.
Aspetto questo che, se correttamente analizzato, conferma il fallimento di una transizione basata su queste tecnologie poiché, se da un lato ci sono istituzioni come la IEA che sostengono la necessità di un tasso di aumento dell’estrazione di metalli come litio, cobalto, terre rare anche di oltre 10 volte rispetto all’attuale, dall’altro la disponibilità delle materie prime dipende dal successo delle attività di prospezione, che segna il primo passo nella catena di produzione delle materie prime.
Emergono inoltre, le contraddizioni dell’European Green Deal: pur ambendo a diventare il primo continente carbon neutral, l’Europa resta il fanalino di coda negli investimenti nella prospezione mineraria nei suoi territori: nel 2017, la quota della UE della spesa esplorativa globale rappresentava solo il 3% ma il consumo dei metalli a livello globale era del 25-30%.
L’esaurimento delle risorse
Il tenore di un minerale è inteso come la percentuale, in peso, contenuta nella porzione analizzata di una massa mineralizzata. Più semplicemente, un tenore in rame dell’1% significa che in una tonnellata di roccia mineralizzata ci sono10 chilogrammidi rame. Il che non significa che per disporre di una tonnellata di rame basterà estrarre 100 tonnellate perché spesso, per accedere al corpo mineralizzato, è necessario estrarre quello che viene definito, in termini tecnici, il “sovraccarico” che, sovente, è costituito anche dal solo terreno vegetale che ricopre il giacimento.
Per correlare il tenore del metallo con i rifiuti che vengono generati dalla sua estrazione, ci si può riferire al grafico sottostante dove, per ciascuna percentuale del tenore, vengono indicate le corrispondenti quantità di rifiuti. Pertanto, con un tenore del 20% avremo, per ogni tonnellata di metallo estratto, circa cinque tonnellate di rifiuti mentre, con un tenore dello 0,7%, le tonnellate di rifiuti diventano circa duecento.
A rafforzare il concetto precedentemente espresso circa i limiti della chimica-fisica del processo di arricchimento/raffinazione, è opportuno osservare il grafico sottostate che spiega come la relazione tra il tenore del metallo e i rifiuti prodotti dalla sua estrazione non sia lineare ma esponenziale ovvero, al tendere a zero del tenore, la quantità di rifiuti tende all’infinito.
Tenore rispetto a tonnellate di rifiuti per tonnellata di metallo estratta (rame in Sud America).
Quello che manca per definire compiutamente il quadro della situazione è il tenore medio delle riserve di alcuni dei metalli della transizione la cui tendenza globale oggi, all’alba della più grande pianificazione estrattiva che l’umanità abbia mai posto in atto, è visibile nel grafico sotto. Naturalmente, dall’anno di redazione dello studio (2009) che ha portato al grafico, le cose sono significativamente peggiorate.
Più dettagliatamente i tenori medi di alcuni dei più importanti “metalli della transizione” sono riportati nella tabella sottostante:
È significativo come anche la IEA, nel suo report The Role of Critical Minerals in Clean Energy Transitions, riscontri come le attuali riserve di rame vengano frequentemente estratte con i tenori riportati nella tabella.
E, in questo contesto, è opportuno capire il significato che l’industria mineraria attribuisce al cosiddetto tenore di "cut-off" che non è niente altro che il tenore minimo necessario per rendere economica un'unità di roccia da estrarre ad un determinato prezzo in un piano minerario previsto. L'abbassamento del tenore di cut-off si verifica quando le società minerarie ipotizzano prezzi del rame più elevati nei loro modelli di produzione. Di conseguenza, il minerale di qualità molto bassa, precedentemente considerato non economico e di scarto, può ora essere estratto con profitto.
In risposta all'abbassamento del grado di cut-off, la roccia di scarto non economica può ora essere riclassificata come riserva. Dal momento che il prezzo del rame è passato da 65 centesimi a 4 dollari tra il 2001 e il 2014, le aziende sono state in grado di abbassare significativamente il tenore limite che separava i rifiuti dal minerale economicamente interessante. Poiché il tenore limite si è spostato costantemente più in basso, le riserve sono aumentate costantemente.
Nel 2012, il tenore di cut-off era stato abbassato allo 0,27%. Ma oggi, al termine di questa partita a poker, tra rilanci e bluff, siamo arrivati al “vedo” ed il piatto è vuoto. Le riserve si stanno esaurendo e le prospezioni non danno risultati. Presto, le leggi della termodinamica ci presenteranno il loro conto. A meno di un intervento dell’IPCC…
Basterebbe solo il PV......
Gentili signori vi mando il link di un lavoro scientifico che dimostra come solo il PV, considerando tutti gli aspetti, compresi le estrazioni di materiali, sia tecnicamente attuabile, il più leggero economicamente e che richiede meno tempo per la sua attuazione. Sono anche richiamati diversi luoghi comuni che vengono da questo lavoro sfatati....:
https://ieeexplore.ieee.org/document/9837910
Cordiali saluti,
Marco Vasina