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2024-03-28 21:17

Allarme del Ministero della salute sull’inquinamento prodotto dalla diffusione delle biomasse nel riscaldamento domestico. Sotto accusa le politiche di incentivazione

QUEL CHE C’È DA SAPERE

Il Ministero della salute ha presentato lo studio di Valutazione integrata dell’impatto dell’inquinamento atmosferico sull’ambiente e sulla salute in Italia (VIIAS), da cui emerge che “anche il riscaldamento domestico, soprattutto per l’incremento dell’utilizzo delle biomasse (principalmente legno e pellet) è responsabile del peggioramento della qualità dell’aria e del conseguente impatto sulla salute”.

L’analisi del Progetto VIIAS mette a fuoco com’è cambiata la natura dell’inquinamento atmosferico negli ultimi dieci anni, individuando nella combustione di biomasse per il riscaldamento e negli scarichi dei veicoli diesel i due principali bersagli verso cui indirizzare nuove misure preventive. I dati relativi al 2012 indicano che le emissioni di particolato e di NO2 del settore riscaldamento rappresentano circa il 50% del totale e le stime al 2020 prevedono un aumento, nonostante i miglioramenti tecnologici.

La causa viene addebitata al fatto che “recentemente, per rispettare gli obiettivi di riduzione dei gas serra in atmosfera, anche in Italia si è puntato sulle biomasse. L’uso della biomassa nei settori della produzione di energia e il suo impiego per il riscaldamento domestico (legna, pellet, etc) è stato incentivato e favorito da politiche e norme europee (Direttiva 2009/28/CE), nazionali (D. Lgs 28/2011 e DM 15/03/2012) e regionali, relative all’uso delle energie rinnovabili. Tali strategie non hanno però prestato particolare attenzione all’impatto negativo sulla qualità dell’aria: le biomasse usate come combustibile provocano infatti l’immissione nell’ambiente di polveri e idrocarburi policiclici aromatici”.

Il progetto VIIAS è stato finanziato dal Centro controllo malattie del Ministero della salute e coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio, con la collaborazione di Università e Centri di ricerca: Enea, Ispra, Arpa Piemonte, Emilia Romagna e Lazio, Dipartimento di statistica dell’Università di Firenze, Università di Urbino e Dipartimento di Biologia ambientale dell'Università La Sapienza di Roma.