Oggi:

2024-03-28 11:18

Verso il Recupero di Calore Industriale

POSSIBILI SVILUPPI DEL TELERISCALDAMENTO

di: 
Beniamino Bonardi

In Italia la presenza dei sistemi di teleriscaldamento è più bassa della media europea ed è in pratica limitata ad alcune regioni del nord. Tuttavia, dopo i costi iniziali per l’installazione e i disagi che in quella fase possono aversi per la quotidianità cittadina, i vantaggi in termini economici e ambientali derivanti da quei sistemi risultano evidenti. Un ulteriore passo, quando si disponga di una rete, sta nel recupero del calore residuo prodotto dalle industrie, come nel progetto avviato a Sesto San Giovanni.

L’esistenza di una rete di teleriscaldamento favorisce la realizzazione di interventi di efficientamento energetico con recupero di calore da impianti industriali, che da soli non sarebbero sufficienti a giustificare la realizzazione di una rete di teleriscaldamento autonoma. In questo senso si sta muovendo in Lombardia A2A, con un progetto finalizzato alla ricerca di nuove fonti di calore da cicli produttivi presenti e disponibili sul territorio, denominato “Calore in rete”. Il primo contributo verrà, a partire da quest’inverno, dal recupero di energia dai fumi della vetreria Vetrobalsamo di Sesto San Giovanni, che immetterà calore nella rete di teleriscaldamento nella città confinante con Milano, la cui esperienza è stata descritta in un precedente articolo de l’Astrolabio.

In Italia, il teleriscaldamento copre solo il 6% circa della domanda di riscaldamento, mentre il suo potenziale, secondo le stime dell’Airu (Associazione italiana riscaldamento urbano), è di circa il 25%. Nell’Unione europea, il teleriscaldamento copre circa il 10% della domanda totale di calore per riscaldamento ed è diffuso soprattutto nell’Europa settentrionale e centro-orientale, dove raggiunge quote di mercato superiori al 50%.

La caratteristica del teleriscaldamento è che la rete dei tubi di distribuzione trasporta acqua riscaldata con il calore proveniente dalle risorse energetiche presenti sul territorio: centrali termiche convenzionali di grosse dimensioni, centrali di produzione combinata elettricità- calore, inceneritori di rifiuti, impianti industriali, fonti rinnovabili come quelle geotermiche o le biomasse.

Il fattore penalizzante del teleriscaldamento è che richiede un grosso investimento iniziale, che si ammortizza nel lungo periodo. Per gli utenti, il vantaggio è immediato, perché si eliminano i costi di manutenzione della caldaia condominiale o di quella individuale e si paga solo per il calore effettivamente utilizzato. Per gli amministratori pubblici, il prezzo da pagare sono mesi di lavori sulle strade per la posa dei tubi, con limitazioni al traffico e ai parcheggi, e le pressoché inevitabili manifestazioni di malcontento dei cittadini. Dal punto di vista ambientale, si ha un miglioramento della qualità dell’aria e una minor emissione di CO2. Dal punto di vista energetico si ha un uso efficiente dell’energia, dato che, nel processo di produzione termoelettrica convenzionale, oltre la metà dell’energia primaria contenuta nei combustibili viene dissipata nell’ambiente, con spreco di risorse economiche e problemi di impatto ambientale.

Secondo i dati Airu relativi alla fine del 2012, la distribuzione territoriale degli impianti di teleriscaldamento in Italia, in termini di volumetria allacciata alle reti, risulta concentrata nell’Italia settentrionale e la quasi totalità della volumetria teleriscaldata (circa 281 milioni di m3 , pari al 96% della volumetria totale) è localizzata in quattro regioni, dove la Lombardia risulta avere il maggior volume riscaldato con 120 milioni di metri cubi e il 43% del totale nazionale, seguita dal Piemonte e dall’Emilia Romagna, rispettivamente con 76 e 38 milioni di metri cubi serviti e dal Veneto con 14 milioni di metri cubi e il 5% del totale.

La Regione con la maggior potenza installata è la Lombardia, seguita dal Piemonte e dall’Emilia Romagna. Scendendo a livello locale, il Comune con la maggiore potenza termica installata è Torino con 1.766 MW termici, seguito da Brescia con 733,4 MWt e da Milano con 720,3 MWt. Il 67% della potenza totale utilizzata è rappresentata da impianti di cogenerazione alimentati da combustibili fossili, costituiti per la quasi totalità da gas, con 2.120 MWt, mentre la restante quota di potenza è coperta da impianti di cogenerazione che utilizzano fonti rinnovabili (biomassa e geotermia) e rifiuti solidi urbani per 615 MWt, e da produzione termica semplice da fonti rinnovabili termiche per il 13%. Circa l’1 % della potenza installata appartiene invece alla categoria delle pompe di calore ad alta temperatura, le uniche in grado di produrre energia termica per le reti di teleriscaldamento.

Per quanto riguarda le emissioni di CO2, nel 2012 gli impianti di teleriscaldamento in esercizio in Italia hanno evitato circa 1 ,528 Mt, di cui poco meno del 60% sono attribuibili alla rete di Torino. Il 90% circa delle emissioni evitate (1 ,362 Mt) è conseguito da tre regioni: Piemonte, Lombardia e Trentino.

Nel 2012 i sistemi di teleriscaldamento urbano operanti in Italia hanno conseguito un risparmio di energia primaria fossile di circa 478.000 tep, corrispondente a circa il 25% dell’energia consumata dai “sistemi convenzionali sostituiti” (caldaie di edificio e sistema elettrico nazionale). Di tale risparmio, ben il 91 % è stato realizzato in sole tre regioni (Piemonte, Lombardia e Trentino Alto Adige).

Non sempre, però, il teleriscaldamento è sinonimo di efficienza energetica. Infatti, non lo è nel caso delle reti di Liguria, Marche e Lazio, dove non produce benefici ambientali, perché il calore erogato viene in larga parte prodotto tramite caldaie a combustibili fossili non cogenerative, utilizzando quindi solo una parte dell’energia primaria contenuta nei combustibili fossili.

La direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica afferma che “la cogenerazione ad alto rendimento e il teleriscaldamento e teleraffreddamento presentano significative possibilità di risparmio di energia primaria che sono largamente inutilizzate nell’Unione”. La direttiva definisce come “efficienti”, “un sistema di teleriscaldamento o teleraffreddamento che usa per almeno il 50 % energia rinnovabile, il 50 % calore di scarto, il 75 % calore cogenerato o il 50 % una combinazione di tale energia e calore”.