QUEL CHE C’È DA SAPERE
La Commissione europea ha pubblicato il programma indicativo per il settore nucleare, che fornisce un quadro generale degli investimenti effettuati nell'Ue in tutte le fasi del ciclo di vita degli impianti nucleari. È la prima relazione di questa natura presentata dalla Commissione dopo l'incidente di Fukushima del marzo 2011.
Attualmente, nell’Ue circa il 27% dell’energia elettrica è prodotta da fonte nucleare. Ci sono 129 reattori in funzione in 14 Stati, con una potenza totale di 120 GWe e un'età media di quasi 30 anni. Sono previsti nuovi progetti di costruzione in dieci Stati, con quattro reattori già in fase di realizzazione in Finlandia, Francia e Repubblica slovacca. Altri progetti in Finlandia, Ungheria e Regno Unito sono attualmente sottoposti alla procedura autorizzativa, mentre sono ancora in una fase preparatoria in altri Stati (Bulgaria, Repubblica ceca, Lituania, Polonia e Romania). Il Regno Unito ha recentemente annunciato l'intenzione di chiudere tutte le centrali elettriche a carbone entro il 2025 e di colmare il fabbisogno di capacità principalmente mediante nuove centrali nucleari e a gas.
La Commissione europea prevede una diminuzione della capacità di generazione nucleare di energia elettrica fino al 2025, tenendo conto delle decisioni di alcuni Stati membri di abbandonare gradualmente il nucleare o di ridurre la sua quota nel mix energetico nazionale. Tale tendenza dovrebbe invertirsi a partire dal 2030, con la connessione alla rete di nuovi reattori e l'estensione della vita utile di altri impianti. La capacità nucleare dovrebbe aumentare leggermente e rimanere stabile, tra 95 e 105 GWe, entro il 2050. Poiché si stima che la domanda di energia elettrica aumenterà nel corso dello stesso periodo, la quota dell'energia nucleare nell'Ue diminuirà, passando dall'attuale 27% a circa il 20%.
In assenza di un programma di prolungamento della vita operativa, circa il 90% dei reattori esistenti dovrebbe essere chiuso entro il 2030, con la conseguente necessità di sostituire grandi capacità di produzione. In ogni caso, il 90% dell’attuale capacità nucleare di produzione di energia dovrà essere sostituita entro il 2050. Secondo la Commissione Ue, il mantenimento della capacità di generazione nucleare tra 95 e 105 GWe nell'Ue fino al 2050 e oltre richiede ulteriori investimenti nei prossimi 35 anni. Tra 350 e 450 miliardi di euro dovranno essere investiti in nuove centrali, al fine di sostituire la maggior parte della potenza nucleare attualmente installata. Essendo concepite per una durata di esercizio di almeno 60 anni, le nuove centrali nucleari potrebbero generare energia elettrica fino alla fine del secolo.
La stima dei costi, tuttavia, è difficile, perché una serie di fattori influenza la disponibilità di finanziamenti da investire in nuovi impianti nucleari, in particolare per quanto riguarda i due principali elementi di costo, quello di costruzione e quello del capitale, che risentono dell’incertezza sui tempi di costruzione e il tasso di attualizzazione per il progetto.
Sulla scorta delle informazioni fornite dagli Stati membri, si stima che l'estensione della durata di vita dei reattori esistenti di 10-20 anni richiederà investimenti pari a 45-50 miliardi di euro entro il 2050. In ogni caso, si stima che oltre 50 dei 129 reattori attualmente in esercizio nell'Ue dovranno essere chiusi entro il 2025.
Il decommissioning è l’altro elemento di incertezza, dato che, come osserva anche la Commissione Ue, a livello mondiale è stata maturata poca esperienza. All'ottobre 2015 risultano definitivamente chiuse in Europa 89 centrali nucleari, ma solo tre reattori (tutti in Germania) sono stati finora completamente disattivati e smantellati.
In base alle ultime informazioni fornite dagli Stati membri, nel dicembre 2014 gli operatori europei del settore nucleare hanno stimato in 253 miliardi di euro il fabbisogno finanziario per la disattivazione degli impianti nucleari e la gestione dei rifiuti radioattivi fino al 2050, di cui 123 miliardi per la disattivazione e 130 miliardi per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, compreso il deposito geologico di profondità. Gli Stati membri hanno anche fornito i dati sugli attivi disponibili a sostegno di tali investimenti, pari a circa 133 miliardi di euro, cioè poco più della metà. A ciò si aggiunge che i vari Stati applicano metodi differenti per stimare i costi di completamento delle attività relative alla parte finale del ciclo del combustibile nucleare.
Per quanto riguarda l’irrisolta questione della gestione dei rifiuti radioattivi, la relazione della Commissione Ue afferma che gli impianti di smaltimento dei rifiuti a bassa e media radioattività sono già operativi nella maggior parte degli Stati membri. Ultimata la fase della ricerca, gli operatori nucleari stanno ora avviando quella della costruzione dei primi depositi geologici a livello mondiale per la collocazione definitiva dei rifiuti ad alta attività e del combustibile esaurito. Tali strutture dovrebbero diventare operative in Finlandia, in Svezia e in Francia tra il 2020 e il 2030. Secondo la Commissione Ue, “vi sono margini per la cooperazione tra gli Stati membri, anche attraverso la condivisione delle migliori pratiche o persino la realizzazione di depositi comuni. Tali strutture sarebbero ipotizzabili in applicazione della direttiva, ma permangono delle difficoltà soprattutto per quanto riguarda l'informazione al pubblico e la loro accettazione da parte dei cittadini. Costituisce un elemento critico anche determinare chi è responsabile in ultima istanza dei rifiuti radioattivi che devono essere stoccati nell'ambito di una collaborazione multinazionale. Gli Stati membri che gestiscono centrali nucleari utilizzano strutture di durata prevista tra i 40 e i 100 anni per lo stoccaggio dei loro rifiuti. Tuttavia, lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, compreso lo stoccaggio a lungo termine, è una soluzione provvisoria e non un'alternativa allo smaltimento”.