TERMOVALORIZZATORI IN ITALIA, ACERRA
Prosegue il viaggio presso i termovalorizzatori italiani con una puntata molto significativa nel Mezzogiorno. L’impianto di Acerra, che l’Astrolabio ha seguito fin dai primi anni di funzionamento (leggi qui e qui), ha salvato e salva Napoli da drammatiche emergenze rifiuti come quelle che funestarono la città negli anni ’90 e 2000. In questo articolo forniamo una sintesi dei risultati conseguiti, anche indirettamente, in 13 anni di funzionamento.
Negli anni compresi tra il 1994 e il 2009, la Regione Campania è stata protagonista di una drammatica emergenza rifiuti, purtroppo documentata da gran parte della stampa mondiale con le immagini di Napoli, capitale del Mediterraneo, sommersa da cumuli di rifiuti indifferenziati anche in centro città.
Il fenomeno delle discariche abusive e dell’abbandono incontrollato dei rifiuti – sia urbani, sia speciali o addirittura tossici - spesso è associato a quello dei roghi, a loro volta dovuti alla combustione incontrollata degli stessi: la grave situazione di quegli anni è costata, pertanto, alla Campania l’epiteto di “Terra dei fuochi”, con conseguenze incalcolabili sì in termini di inquinamento ambientale, ma anche di danni reputazionali per un intero territorio.
Dopo un iter amministrativo durato circa 12 anni, costellato dall’azione di contrasto di diversi comitati di cittadini sorti sul territorio, il 26 marzo del 2009 è entrato in funzione il termovalorizzatore di Acerra (NA), un impianto che tutt’ora consente il recupero di energia elettrica dalla combustione dei rifiuti urbani indifferenziati, residuali dalla raccolta differenziata e quindi non ulteriormente recuperabili in termini di materia, risolutivo dell’emergenza e fonte di rinnovato sviluppo del territorio.
Infatti, l’impianto di Acerra, sopperendo in parte alla carenza di dotazione impiantistica alla base della condizione emergenziale, ha consentito alla Regione di avere finalmente uno sguardo a medio e lungo termine sulla gestione dei rifiuti. Risolta la contingenza, dunque, si è reso possibile un percorso di pianificazione: a partire dall’anno 2012 è stato approvato un Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Solidi Urbani che ha rappresentato l’inizio di un percorso di miglioramento della raccolta differenziata, anche favorendo un minore ricorso alla discarica e al trasferimento dei rifiuti fuori regione e/o all’estero.
Il Termovalorizzatore di Acerra è l’unico impianto di recupero energetico presente in Campania grazie al quale, in un anno, viene trattato circa il 60% del rifiuto urbano residuo a valle della raccolta differenziata.
Come evidenzia il grafico, al contrario di quanto sostenuto da molti comitati e da alcune associazioni ambientaliste, il Termovalorizzatore non ha ridotto l’attenzione dei cittadini verso la raccolta differenziata e anzi, dal suo avvio, l’impianto ha consentito la crescita del tasso di raccolta che è passato da circa il 22% prima della messa in funzione dell’impianto ad oltre il 54% nel primo decennio di funzionamento dello stesso.
Il Termovalorizzatore di Acerra dal 2009 al 2021 ha trattato circa 8.385.000 t di rifiuti indifferenziati producendo circa 7.257.000 MWh di energia elettrica, pari al fabbisogno di circa 200.000 famiglie/anno, evitando così di alimentare il conferimento in discarica e alimentando un circuito virtuoso di recupero di energia e materia, anche in linea con quanto stabilito dalla Commissione Europea (max. 10% di conferimento di rifiuti in discarica). Allo stesso tempo, ha consentito il risparmio energetico di circa 1.227.000 (dal 2011) di tonnellate di petrolio equivalenti ed evitato dunque l’immissione in atmosfera di circa 2.240.000 t di CO2 (dal 2010, a parità di energia prodotta e consumata).
L’impianto è costituito da tre linee indipendenti di termovalorizzazione e depurazione fumi, operanti in parallelo, e da una sezione comune di produzione di energia elettrica. Il rifiuto, dopo essere sottoposto a controlli e verifiche di conformità, viene scaricato in una comune vasca di ricezione per poi essere inviato a combustione. La combustione avviene in tre forni, a temperatura controllata, che garantiscono il completamento di tutte le reazioni di ossidazione. I fumi, puliti e non inquinanti, generati dalla combustione dei rifiuti, poi, cedono il loro calore all’acqua circolante in caldaia per la produzione di vapore surriscaldato. Il vapore così prodotto viene addotto in un turbogeneratore per la produzione di energia elettrica che viene immessa nella rete nazionale.
I fumi in uscita dalla caldaia, invece, vengono convogliati alla sezione di depurazione realizzata secondo la normativa, che impone di utilizzare le migliori tecnologie disponibili sul mercato e di garantire i maggiori livelli di efficienza di depurazione in grado di rientrare all’interno dei limiti dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (emissioni in media al di sotto del 50% rispetto la Direttiva europea e la normativa italiana di riferimento).
La zona di depurazione dei fumi prevede la realizzazione, sequenzialmente, dei seguenti processi:
I fumi così depurati vengono emessi in atmosfera attraverso un camino di 110 metri d’altezza così come disposto dalla normativa di riferimento e previsto dall’Autorizzazione, con il fine di massimizzare gli effetti di dispersione.
Dal processo di combustione si originano, inoltre, due tipologie di rifiuto: residui inerti di combustione che si depositano sul fondo griglia delle caldaie e residui derivanti dal trattamento fumi. Il primo rifiuto, pulito e non pericoloso per la salute, costituito da inerti e metalli, viene interamente recuperato in impianti dedicati in cui viene recuperata la frazione ferrosa, quella non ferrosa, e la frazione residua minerale per il suo utilizzo in edilizia, consentendo così un ulteriore recupero di materia (circa il 16% in peso del rifiuto trattato) e rendendo dunque il processo ancora più circolare. Il secondo rifiuto, invece, è generato principalmente a seguito del trattamento di depurazione dei fumi ed è costituito dalle polveri trattenute dai filtri le quali vengono raccolte in appositi sili di stoccaggio e avviate a idonei impianti finali di trattamento.
Tutti i parametri in uscita al camino del termovalorizzatore di Acerra sono costantemente al di sotto dei limiti indicati in Autorizzazione Integrata Ambientale e monitorati dagli Enti preposti in tempo reale. Nell’impianto di Acerra, infatti, per ciascuna linea di combustione, sono installati due sistemi di analisi in continuo delle emissioni (uno principale e uno secondario) in grado di analizzare i parametri CO2, CO, NOx, SO2, NH3, HCl, H2O, HF, O2, COT e un analizzatore in continuo del mercurio. I dati sono contemporaneamente acquisiti da ARPAC in maniera automatica e diretta in tempo reale (rete Sistema Monitoraggio Emissioni - SME).
Inoltre, insieme alla Procura di Nola (NA) e ARPAC, nel 2015, è stato sottoscritto un Protocollo di Intesa volto a promuovere ulteriormente la trasparenza nella gestione del Termovalorizzatore di Acerra e dei monitoraggi ambientali. Nello specifico, il protocollo prevede che l’Ente di controllo garantisca che siano regolarmente effettuate le attività di verifica alle emissioni in atmosfera imposte al Gestore dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) con la presenza di propri tecnici; a maggiore tutela della salute della cittadinanza è previsto anche che l’Ente preposto intensifichi i controlli oltre quelli già previsti dall’AIA e assicuri ulteriori verifiche e controlli periodici, sia dell’impianto, sia delle strumentazioni utilizzate, a garanzia del rispetto di quanto previsto in AIA.
Dal 2014 al 2021 sono state registrate circa 330 visite ispettive da parte di enti di controllo che hanno sempre costantemente confermato il buon operato dell’impianto.
Con lo scopo di verificare lo stato di qualità dell’aria del territorio su cui insiste l’impianto e valutare l’impatto del termovalorizzatore, nel 2016, è stato effettuato da parte del CNR uno studio modellistico di ricaduta delle emissioni, contestualizzato all'interno della realtà territoriale e in relazione anche alle altre sorgenti emissive in essa ricadenti.
Lo studio, realizzato mediante un approccio integrato che, a partire della verifica delle principali sorgenti emissive, ha previsto rilievi di qualità dell’aria nei comprensori limitrofi e simulazioni modellistiche, ha mostrato un impatto dell’impianto sostanzialmente nullo per tutti i parametri di qualità dell’aria come mostrato negli stralci sotto riportati.
- Il primo, riferito al contributo delle ricadute al suolo dovuto alle emissioni di ossidi di azoto-NO2 che risultano superiori al limite annuale di protezione della salute in corrispondenza sia dei tronchi autostradali che del porto e, in misura minore, dell’aeroporto di Capodichino.
- Il secondo, riferito al contributo delle ricadute al suolo dovuto alle polveri PM10 i cui valori massimi di ricaduta si hanno in corrispondenza principalmente del comparto dei trasporti (su strada, marittimo e aeroportuale) e del riscaldamento.
Contributo delle ricadute al suolo sul territorio acerrano degli ossidi di azoto - NO2
Contributo delle ricadute al suolo sul territorio acerrano delle Polveri – PM10