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2025-04-28 22:32

Promuovere Azioni di Adattamento per Tutelare il Patrimonio Costiero del Belpaese

INNALZAMENTO DEL MARE

di: 
Mario Pileggi

I paesaggi costieri e i litorali del nostro paese raccontano dei grandi cambiamenti intervenuti nel corso dei millenni a causa di fenomeni geologici, dell’azione dell’uomo e dei cambiamenti climatici. Ora che gli organismi internazionali lanciano l’allarme di un più veloce scioglimento dei ghiacciai rispetto alle capacità di recupero stagionali, occorre simulare i possibili effetti di un innalzamento del livello del mare sugli ambienti costieri e, in particolare in Italia, studiare le misure di adattamento possibili e necessarie.

In Copertina: Immagine da ANBI

 

L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, (UNESCO) e la World Meteorological Organization (WMO)  hanno dichiarato il 2025 “Anno Internazionale della protezione dei ghiacciai” con l’obiettivo di evidenziare il ruolo vitale dei ghiacciai e sensibilizzare il mondo sulla fusione delle calotte glaciali e sui rischi per questi ecosistemi essenziali. Il 70% dell'acqua dolce globale è immagazzinata nei ghiacciai e nelle calotte glaciali. I ghiacciai sono fonti primarie di acqua dolce per due miliardi di persone, regolano il clima terrestre e sono anche i custodi della storia climatica del nostro pianeta. La loro riduzione può avere impatti globali come l’innalzamento del livello del mare e i cambiamenti nei pattern meteorologici.

Il fenomeno è visibile anche in Italia: le Alpi hanno perso circa il 60% del volume glaciale rispetto al 1850 e potrebbero perdere l’80% entro il 2100. 

Secondo il Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani, curato dal Comitato Glaciologico Italiano e dal Gruppo di Ricerca Glaciologia dell’Università degli Studi di Milano in collaborazione con il CNR, negli ultimi 60 anni si è registrata una diminuzione del 30% della superficie glaciale, con una perdita di circa 200 km², equivalente all'area del Lago Maggiore. 

Dalle misurazioni annuali condotte da geografi e glaciologi dell'Università di Padova, Arpav e il Comitato Glaciologico Italiano, il ghiacciaio della Marmolada, il più esteso delle Dolomiti, negli ultimi anni si è ridotto alla metà della superficie presente nel 2000 e a meno di un quarto rispetto al 1900.

Ma è la velocità di scioglimento che si registra in Groenlandia  e Antartide che può contribuire all’innalzamento del livello del mare. Gli studi del Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico (IPCC) riportano che il livello del mare si è alzato di circa 20 centimetri dal 1900, con un'accelerazione significativa negli ultimi decenni. Una recente proiezione riguardo lo scioglimento dei ghiacci “Fusion of Probabilistic Projections of Sea-Level Rise" pubblicata a Dicembre 2024 su “Earth’s Future-AGU” delinea scenari con innalzamento medio globale del livello del mare compreso tra 0,5 e 1,9 metri entro il 2100.

Anche se è opportuno valutare queste misure considerando i dati storici - dal minimo dell'ultima era glaciale, circa 15 mila anni orsono, i mari si sono alzati di circa 120 metri - per un paese con oltre 8 mila chilometri di coste come il nostro, il fenomeno dell’innalzamento del mare  è da tenere sotto costante e particolare attenzione.

Infatti, le estese fasce costiere del Belpaese, caratterizzate da assetti idrogeomorfologici e climatici favorevoli allo sviluppo di ogni forma di vita, sono ricchissime di biodiversità e testimonianze antropiche e pre-protostoriche. Un patrimonio di testimonianze antropiche sedimentato da millenni di interazioni tra l’Uomo e il mare, diffuso in tutte le pianure costiere. E in parte sommerso, a testimonianza di un costante mutamento del livello del mare e della linea costiera.

Ad esempio:  il Parco di Baia, uno dei più famosi siti sommersi al mondo, con ville, terme e strade romane e, sempre in Campania, il Porto sommerso di Miseno con i Resti della flotta militare romana, la Secca delle Fumose;  la Baia sommersa di Pyrgi a Santa Severa; i resti del porto etrusco collegato a Cerveteri,  gli insediamenti etruschi di Populonia in provincia di Livorno e i resti degli antichi scali commerciali e relitti romani di “Giglio Porto” e di Pianosa  nell’arcipelago toscano;  le strutture degli insediamenti fenici Mozia, le strutture portuali greche e romani del Porto sommerso di Siracusa e quelli di Gela con i relitti di navi greche in Sicilia;  i resti del molo e delle banchine fenici e romani del Porto sommerso di Tharros e della città  fenicia e romana di Nora e i relitti di navi romane  la Baia di Olbia in Sardegna.

I paesaggi costieri e la estensione dei litorali di tutte le regioni del Belpaese sono sempre cambiati e continueranno a modificarsi a causa sia di fenomeni geologici come subsidenza, bradisismo ed eruzioni vulcaniche, sia dell’azione dell’uomo.

Tra le variazioni più rilevanti documentate sono da considerare, ad esempio:  i fenomeni di arretramento, che arriva fino a 25 metri all’anno, in corrispondenza del Delta del Po; i fenomeni di subsidenza della Laguna di Venezia di 23 cm negli ultimi 100 anni e i fenomeni di sollevamento del suolo di Pozzuoli di 3,50 metri dal 1980. Campi Flegrei e Tempio di Serapide, sempre nella zona di Pozzuoli, documentano l’alternarsi dei fenomeni di sollevamento e abbassamento del suolo negli ultimi 4 mila anni.

Altre aree costiere ricche di testimonianze delle variazioni millenarie della linea di costa del Belpaese sono quelle della regione Lazio dove l’avanzamento e arretramento della foce del Tevere è ben documentato dalle opere realizzate a partire dalla Roma antica fino ai giorni nostri. Nel Periodo Romano (VIII secolo a.C. – V secolo d.C.) la linea di costa era arretrata di circa 4 chilometri rispetto all’attuale e per migliorare l’accesso marittimo a Roma, in corrispondenza dei due rami principali della foce deltizia del Tevere furono costruiti i porti di Claudio e Traiano a nord della foce, nell’area dell’attuale Fiumicino. Queste strutture modificarono le correnti costiere e favorirono la sedimentazione e lo spostamento della foce verso il mare fino alla progressiva separazione e allontanamento di Ostia dal mare. Dopo la caduta dell’Impero Romano, il degrado delle infrastrutture portuali e l’abbandono di Ostia accelerarono il progressivo accumulo di sedimenti spingendo la linea di costa ancora più avanti; la zona si trasformò in una palude malarica.

A partire dal XVII secolo due riferimenti, utili alle ricostruzioni delle variazioni della linea di riva alla foce del Tevere, sono rappresentati dalle due Torri di avvistamento e difesa contro le incursioni marine costruite dallo Stato Pontificio. La Torre Alessandrina, costruita nel 1662 sulla sponda destra del Canale di Fiumicino che al momento della sua costruzione si trovava in prossimità della linea di costa. E la Torre Clementina, costruita nel 1773 circa un chilometro più vicino al mare rispetto alla precedente, con un avanzamento medio della linea di costa nei 111 anni di circa 9 metri/anno.

Ad incidere in modo significativo sulla dinamica evolutiva della foce del Tevere, a partire dal XVIII secolo, fu anche l’inversione della pendenza del Canale Maestro della Chiana per deviare verso l’Arno il deflusso delle acque della Val di Chiana che confluivano nel Tevere.

A questo complesso andamento di fenomeni storici e geologici, che da millenni  contribuisce a modificare la dinamica dei litorali, oggi  si aggiunge il possibile effetto di  innalzamento del mare provocato dallo scioglimento dei ghiacciai entro il tempo ristretto di un secolo. L’elaborazione di scenari di previsione di questi effetti sulle coste del nostro paese è oggetto di numerosi studi delle equipe di ricerca.

Ad esempio, l’ENEA, ha simulato l’effetto d’innalzamento del mare lungo le coste di tutte le regioni italiane entro la fine del secolo adottando una stima tra 0,94 e 1,035 metri (modello cautelativo) e tra 1,31 metri e 1,45 metri (su base meno prudenziale). A questi valori bisogna aggiungere il cosiddetto storm surge, ossia la coesistenza di bassa pressione, onde e vento, variabile da zona a zona, che in particolari condizioni determina un aumento del livello del mare rispetto al litorale di circa 1 metro.

Secondo le proiezioni dell'ENEA,  in assenza di interventi di mitigazione e adattamento, 40 aree costiere e molte decine migliaia di chilometri quadrati di pianure costiere italiane potrebbero essere sommerse entro la fine del secolo.

Lungo 246 chilometri di costa delle regioni Emilia-Romagna, Veneto e Friuli della Pianura Padano-Veneta si estende l’area a rischio più estesa già mappata di 5.451 chilometri quadrati.

Più recenti e dettagliate proiezioni sull’impatto previsto dall’innalzamento del livello del mare in corrispondenza dei tratti costa del Belpaese soggetti a movimenti verticali di abbassamento del suolo sono contenuti nello studio  "Sea level rise projections up to 2150 in the northern Mediterranean coasts" di A. Vecchio et al. pubblicato nel 2024 sulla rivista ambientale Environmental Research Letters. Lo studio, tra l’altro, riporta i dati delle misure dello sprofondamento in atto in corrispondenza di alcune coste italiane rilevati utilizzando GNSS (Global Navigation Satellite System). I dati più significativi sono stati rilevati in corrispondenza delle coste del Veneto, dell’Emilia-Romagna, del Lazio, della Campania, delle Puglia, della Sicilia e della Sardegna.

Il tasso di subsidenza e abbassamento più elevato, con valori compresi tra -18,15 mm/anno e -2,78 mm/anno, si è rilevato a Venezia e in corrispondenza del Delta del Po dove le previsioni di innalzamento del mare rispetto al 2020 variano da +1,1 metri entro il 2100 e di +1,8 metri entro il 2150.

L’abbassamento del terreno, legato a fattori antropici e geodinamici, è un fenomeno critico che accelera l’innalzamento relativo del livello del mare, aumentando il rischio di inondazioni. Tra le città più vulnerabili oltre a Venezia , Trieste e Ravenna c’è Napoli, dove le proiezioni indicano un possibile aumento del livello del mare tra 0,33 e 0,82 metri entro il 2100, con ulteriori incrementi entro il 2150; Palermo con proiezioni che indicano un innalzamento del mare compreso tra 0,32 e 0,82 metri entro il 2100, e fino a 1,89 metri entro il 2150 e Cagliari con stime che prevedono un aumento del livello del mare fino a 0,64 metri entro il 2100.

Nelle stesse pianure costiere la combinazione dell'innalzamento del mare e degli eventi meteorologici estremi, come forti mareggiate e inondazioni, aumenta il rischio di perdita di territorio con danni alle infrastrutture e alle attività economiche locali, in particolare turismo, pesca e agricoltura. Secondo dati Ispra un’ampia percentuale delle coste italiane, valutata tra il 30-46%, è già soggetta a fenomeni di erosione accelerata; e più di 100 dei 644 comuni costieri italiani hanno visto arretrare il loro tratto di costa di ben oltre il 50%. dell’intero tratto di competenza.

Questi dati mostrano le continue trasformazione delle coste del Belpaese e la rilevanza degli effetti connessi alla stessa dinamica dei litorali, spesso sottovalutati o ignorati dalle classi dirigenti locali e nazionali. Effetti che rappresentano una minaccia sia per numerosi siti archeologici sia per la grande varietà di ecosistemi delle fasce costiere italiane. Ecosistemi di grande valore ecologico, economico e culturale e da tutelare per favorire la biodiversità, la sicurezza ambientale e il benessere delle comunità locali. 

Minaccia che può e deve essere contrastata promuovendo, in ogni sede e livello di responsabilità, interventi di adattamento finalizzati a proteggere le coste, garantire la sicurezza delle popolazioni e la conservazione del prezioso patrimonio di risorse storico-ambientali del Belpaese per le generazioni future.