TECNICHE DI FITORIMEDIO IN UMBRIA
Un progetto sostenibile ed innovativo di bonifica della ex discarica di Papigno, da attuare con tecniche di fitorimedio, viene dapprima promosso dall’Arpa Umbria, CNR e Università della Tuscia, coinvolgendo il Comune di Terni, la Regione, il Ministero dell’Ambiente e l’Ispra e poi immotivatamente dimenticato dalla stessa Arpa Umbria
Nel 2008 nasce in Umbria il progetto REMIDA con la finalità di promuovere una nuova strategia di approccio al problema della bonifica dei siti contaminati come è possibile leggere su una residua pagina web del sito dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale dell’ Umbria (http://www.arpa.umbria.it/pagine/progetto-remida-000). Arpa Umbria, IBAF-CNR e DiSAFRi (ora DIBAF) - Università degli Studi della Tuscia propongono una metodica di intervento economica e a basso impatto ambientale basata sull'implementazione di tecniche di fitorimedio. Questa metodica può essere applicata sui così detti "siti orfani" dei quali gli oneri di bonifica ricadono sulle pubbliche amministrazioni. I vantaggi sarebbero pertanto quelli di applicare una tecnologia dai costi ridotti, dal basso impatto ambientale e capace di offrire un'immediata prospettiva di utilizzazione delle aree trattate mediante la produzione di biomassa utile come combustibile, come materia prima o come serbatoio di compensazione delle emissioni di CO2.
La linea di ricerca e sviluppo ha riscosso sin dall’inizio consensi ed approvazione sia dal mondo tecnico scientifico che dalle istituzioni. Tra i passaggi fondamentali che hanno caratterizzato questo tema va ricordato che:
Gli Enti coinvolti nel progetto REMIDA diventano punto di riferimento nazionale sul fitorimedio organizzando un Workshop biennale dedicato all’argomento che vede convergere a Terni oltre cento esperti e soggetti interessati da tutta Italia e anche dall’estero, come si può leggere dalle cronache dei quotidiani locali. Il Workshop si è svolto a Terni nel 2011 e nel 2013. L’edizione del 2015, invece, viene dapprima rinviata al 2016 e quindi spostata a Roma, presso ISPRA, per la mancanza di partecipazione di Arpa Umbria.
Infatti, proprio a partire dal 2015, in concomitanza con il cambio della direzione generale di Arpa Umbria, tutte le attività su questo argomento sembrano essere “dimenticate” da Arpa Umbria mentre gli altri partner del progetto in linea con il resto del Paese, continuano a migliorare l’impiego del fitorimedio per la bonifica dei siti contaminati. Anche a livello centrale, l’emanando decreto ministeriale sulla gestione delle aree agricole contaminate propone approcci basati sul fitorimedio per la soluzione dei problemi di alcuni suoli agricoli.
Per quanto riguarda il progetto di bonifica del SIN Papigno, come già accennato, si osserva che a partire dal 2015, Arpa Umbria non solo non ha più il ruolo trainante che aveva avuto sino a quel momento ma “fatica” a offrire supporto tecnico al Comune declinando inviti a riunioni e incontri. Dalla metà del 2017 il Comune di Terni cerca più volte un incontro chiarificatore per conoscere le intenzioni dell’ARPA in merito al richiesto supporto per il completamento delle attività di caratterizzazione sul sito di Papigno e, più in generale, sulla volontà stessa di adempiere a quanto previsto dalla convenzione in essere, impedendo anche agli altri istituti coinvolti di completare la prevista attività di progettazione. La prolungata assenza di risposte costringe il Comune a relazionare al Ministero competente sull’andamento dei progetti nel SIN evidenziando che i ritardi nella prosecuzione dei lavori sono da imputare alla latitanza di Arpa Umbria che, non solo non provvede alla progettazione definitiva dell’intervento di bonifica dell’ex discarica di Papigno come previsto dalla Convenzione ma, negando ogni forma di incontro, impedisce al Comune di definire qualsiasi altra soluzione alternativa.
Tutto questo avviene in modo silenzioso, mai con una uscita di scena ufficiale e motivata di Arpa Umbria, mandando così in fumo dieci anni di ricerca, e impiego di risorse in questa direzione.
Ai fatti ed alle attività concrete, ora, si prediligono le dichiarazioni formali prive di contenuti. Si pensi che nel piano triennale delle performance 2017-2019 di Arpa Umbria, tra gli obbiettivi è riportato quello di: “promuovere relazioni istituzionali per sviluppare progetti agenziali inerenti attività di innovazione, ricerca e sviluppo, anche attraverso la partecipazione di Arpa a progetti innovativi cofinanziati dall’unione europea in materia di ambiente e sviluppo sostenibile”. Questo obbiettivo è perfettamente in linea con quanto costruito fin dal 2008 sulle fitotecnologie per la bonifica dei siti contaminati ma, nonostante quanto dichiarato, l’Arpa Umbria non dedica più tempo e risorse a questo progetto, evitando persino di dialogare con gli istituti e gli Enti con i quali aveva, fino al 2014, intessuto relazioni e collaborazioni tecnico-scientifiche.
La questione che vede immotivatamente e ingiustificatamente abbandonata una strada che avrebbe potuto fare dell’Umbria una fucina di tecnologie verdi e sostenibili, rischia di trasformarsi nell’ennesimo spreco di risorse pubbliche e in un danno per la collettività. E la cosa peggiore è che nessuno sembra accorgersene.