RESTORATION LAW
A giugno 2024, dopo un lungo iter nelle istituzioni europee, è stata approvata la Nature Restoration Law. Anche in relazione ai recenti eventi alluvionali catastrofici, l’autore riflette sui principali aspetti del testo che hanno determinato contrasti nel Parlamento europeo e il voto contrario dell’Italia in sede di Consiglio dell’Unione europea. Considerando i punti di compromesso e accordo finale, ci si augura un’approfondita preparazione del piano nazionale da presentare entro 2026.
In Copertina: Alluvione a Dudrio, Bologna. Immagine tratta dal canale Youtube Local team
La “Nature Restoration Law” (NRL), come dice il nome stesso, è la legge europea che si prefigge la prevenzione e il blocco del degrado della biodiversità al fine di invertire la attuale rotta e proteggere la natura nella sua interezza, creando al contempo un ambiente in grado di affrontare i cambiamenti climatici e i rischi ad esso connessi.
Secondo i report dell’Unione, infatti, più dell’80% degli habitat presenti sul territorio risultano in condizioni precarie. In un quadro di degrado ambientale generale, il primo obiettivo posto dalla NRL è quello di ripristinare entro il 2030 almeno il 20% delle aree attualmente definite come degradate, fino ad arrivare al 90% entro il 2050. Sempre secondo l’Unione, si stima che per ogni euro investito nel ripristino ne guadagneremo dai 4 ai 38.
Tutto bellissimo, c’è addirittura la possibilità di guadagnarci. Perché allora troviamo diverse nazioni, tra cui la nostra, poco entusiaste di quanto appena descritto?
Timori pregiudiziali e ragioni di contrarietà
I primi timori sono nati dal nome stesso della legge. Il ripristino della natura, infatti, è un concetto estremamente ampio e la descrizione stessa della legge non indica con parametri precisi dove e come si andrà ad agire. Da qui il rifiuto quasi aprioristico di buona parte di quelle associazioni che si occupano di agricoltura e allevamento. La loro paura principale era quella di una progressiva restrizione della possibilità di portare avanti le proprie attività.
Inizialmente nella NRL era previsto un abbandono del 10% delle terre utilizzate oggi per l’agricoltura. Questo avrebbe inciso in maniera molto forte sulla produzione e sulla competitività stessa delle aziende. Aziende che anche senza questo tipo di obblighi spesso faticano, per costi e burocrazia in costante aumento, ad avere un profitto dal proprio lavoro.
Oltre alla norma sull’abbandono di una porzione dei terreni agricoli, nel testo iniziale era previsto un disincentivo alla manutenzione del territorio e norme molto stringenti in relazione alla riumidificazione delle torbiere, per fare degli esempi. Con queste premesse, era lecito attendersi una forte opposizione, come abbiamo visto per circa due anni di continui litigi. Infine, con uno sforzo diplomatico non indifferente, siamo finalmente arrivati nel 2024 all’approvazione della legge, seppur tra il malcontento delle due parti più “estreme”.
Un ambito molto contestato della NRL è quello relativo al ripristino del corso naturale dei fiumi. La legge dice che, entro il 2030, i paesi dell’Unione dovranno “restituire” alla natura almeno 25000 km di corso fluviale oggi troppo antropizzato.
Il caso dell’Italia
Qui possiamo entrare nello specifico del caso dell’Italia. Nel nostro paese il legame tra Natura e Uomo è indissolubile dall’alba dei tempi con il clima a dettare le regole della convivenza. Dai forti temporali diffusi, alle intense e persistenti piogge autunnali sull’arco alpino, al caldo e le siccità durature del sud nel periodo estivo, l’Uomo ha sempre dovuto adattare le proprie attività con gli strumenti a sua disposizione. Questo nel corso dei secoli ha obbligato i nostri antenati a lavorare in maniera assidua alla modifica e manutenzione del territorio, tra costruzione di argini, deviazioni dei corsi d’acqua e bonifica delle aree paludose fonte di molte malattie.
Ciò ha portato ampie zone del nostro territorio a non avere oggi nemmeno lontanamente l’aspetto di quel che erano nell’antichità, quando le cose erano “naturali”. È l’esempio della pianura padana dove, fino all’epoca romana, ciò che dominava l’intera piana erano le foreste. Quel territorio è stato profondamente cambiato per essere adattato alle esigenze della vita dell’uomo. Questo non significa che non si possa “restituire” della terra al corso dei fiumi, ma che ogni singolo paese vive una realtà differente e all’interno dei paesi stessi ci sono centinaia, migliaia di realtà ognuna delle quali necessita di essere trattata come caso singolo.
In un quadro come quello descritto, la probabilità che si finisca per semplificare facendo degli interventi estetici e poco funzionali o addirittura dannosi nel lungo periodo è tutt’altro che bassa. In un’area come quella padana, gli interventi più che di ripristino di uno stato naturale che ormai non esiste e non può esistere in presenza dell’uomo, sarebbero di riqualificazione morfologica, in molti casi effettuata nella maniera più attiva possibile.
La rinaturalizzazione dei corsi fluviali
Uno dei progetti più importanti a livello europeo relativo al ripristino del corso naturale dei fiumi è quello del “Dam Removal Europe”.
Come dice il nome stesso, l’obiettivo è quello di eliminare le barriere presenti lungo i corsi d’acqua in modo da ripristinare il flusso naturale per permettere ai pesci di tornare a popolare delle zone abbandonate da decenni favorendo così la biodiversità.
In un contesto di riqualifica territoriale come quello cominciato ormai oltre un decennio fa sul nostro territorio, abbattere delle costruzioni obsolete e danneggiate dal tempo per sostituirle ove necessario con delle strutture che strizzano maggiormente l’occhio alla natura è assolutamente auspicabile. Non va altresì dimenticato che quelle strutture sono lì per un motivo: molte briglie fluviali considerate dalla parte più “estrema” dei sostenitori della NRL come un intralcio alla natura, sono installate per rallentare il corso di un torrente molto ripido e al contempo sostenere le sponde che altrimenti cederebbero con il corso d’acqua che andrebbe ad incidere sempre più la valle. Sulle sponde di queste opere spesso sono presenti case o strade necessarie alla vita nella vallata.
Diversamente, in zone ormai disabitate e poco frequentate, questi interventi possono non solo essere un bene per la natura ma anche per l’uomo: il potenziale ritorno di pesci e specie volatili che per “colpa” dell’antropizzazione hanno abbandonato l'area, può essere un’occasione anche per la valorizzazione del territorio dal punto di vista economico con nuove attività legate alla natura stessa.
Le chiavi di questi interventi devono essere studio e coerenza. Studio delle strutture su cui intervenire, delle aree interessate e coerenza di intervento su tutta l’asta fluviale. Un intervento a monte comporta delle conseguenze importanti nel trasporto solido anche a valle.
A tal proposito nel nostro paese sono presenti sul territorio le Autorità di Bacino oltre a diverse agenzie che hanno l'obiettivo di garantire la sicurezza dei bacini. Prendendo ad esempio il caso del fiume più lungo d’Italia, l’AIPo, ossia l’Agenzia Interregionale per il fiume Po, si occupa di progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione della maggior parte dell’asta fluviale del fiume. AIPo insieme con altre agenzie tra cui l’Autorità di Bacino del Po, si occuperà dei progetti di rinaturazione del fiume stesso, con i primi lavori su circa 3 km di asta fluviale che dovrebbero completarsi entro la fine dell’anno. https://www.agenziapo.it/content/aipo-pnrr-progetto.
In alcuni casi l’obiettivo della NRL è proprio quello dell’eliminazione delle dighe vere e proprie. In quel frangente lo studio dev’essere ulteriormente approfondito: molte delle dighe sul nostro territorio non solo hanno una funzione di produzione di energia rinnovabile ma anche una importante funzione di laminazione durante gli episodi di maltempo più importanti. È chiaro che si tratterebbe di interventi su strutture obsolete con capacità di laminazione ormai molto limitate. In tal caso però, sarebbe preferibile eseguire anche degli studi sul miglioramento della capacità della struttura stessa in caso di pulizia costante del bacino dal materiale trasportato gradualmente dai torrenti che lo riforniscono.
Zone umide
Ulteriori interventi possono riguardare il corso dei fiumi in aperta campagna: uno degli obiettivi della NRL è quello di ricostituire delle zone umide nei pressi dei fiumi per favorire il ritorno di alcune specie volatili, ottimo indicatore dello stato di salute di un ambiente. In questa ottica, sarebbe auspicabile la demolizione di alcune barriere all’interno dei meandri dei fiumi. In questo modo si permetterebbe non solo al fiume di scorrerci all’interno in caso di piena rallentando così il flusso grazie ad una maggiore scabrezza del corso, ma anche di favorire la formazione di stagni e aree umide utili per piante e animali in caso di siccità prolungate.
Questi interventi risulteranno ovviamente impattanti sulle attività umane andando a “togliere” spazio a pioppeti e coltivazioni nei pressi del letto dei fiumi. Sul corso del Po, per esempio, sono già stati selezionati circa 50 km di corso da parte dell’Autorità di Bacino dove operare in tal senso entro la prima metà del 2026. Lo spazio di manovra non manca, la necessità è e sarà sempre quella di non creare una contrapposizione tra Natura e Uomo, ma quella di considerarli una entità unica. L’uomo, infatti, è parte della natura e influenza tutti gli altri esseri come ne è a sua volta influenzato.
Le tombinature
Altri interventi che potranno essere valutati dalle Autorità di Bacino all’interno della NRL sono quelli relativi al tombinamento dei corsi d’acqua. Molti dei fiumi che risultano tombati non permettono grande spazio di manovra poiché al di sopra di essi si è costruito per decenni se non per secoli. In quei casi risulta fondamentale poter restaurare delle opere che, seppur fantastiche dal punto di vista ingegneristico, soffrono come noi il trascorrere del tempo.
A monte dei centri urbani interessati, invece, sarebbe essenziale permettere ai fiumi di scorrere in un ambiente il più naturale possibile in modo da rallentare le piene più intense e darci modo e tempo di intervenire in maniera tempestiva per evitare in primis perdite umane. In aree dove i corsi d'acqua sono molto corti come in Liguria, a monte dei centri abitati un aumento della superficie boschiva può essere estremamente utile: le foglie degli alberi favoriscono la disgregazione delle gocce d’acqua che possono così arrivare al suolo con minore energia ed avere perciò maggiori possibilità di filtrare nel terreno.
Oltre a questo, un terreno boschivo più esteso favorisce l’accumulo di sostanze organiche, favorendo così l’aumento di particelle igroscopiche nel terreno che possono rallentare la discesa a valle dell’acqua trattenendone una parte. L’aumento della superficie boschiva avrebbe un effetto secondario che è anche un obiettivo della NRL: l’aumento delle sostanze organiche nel suolo. Questi interventi non solo aumenterebbero quindi la sicurezza del territorio, ma favorirebbero anche la rinaturalizzazione e, di conseguenza, la biodiversità stessa.
Le recenti vicende alluvionali sull’Emilia-Romagna come nella Comunità Valenciana in Spagna, ci insegnano che, seppur certi eventi meteo siano incontrollabili per la loro intensità, con serie conseguenze, la prevenzione e la protezione possono e devono essere migliorate in maniera importante.
Tre miliardi di alberi
Ulteriori obiettivi della NRL sono quelli di piantare nei prossimi anni tre miliardi di alberi e di favorire il ritorno della farfalla comune e l’aumento degli impollinatori. La piantumazione di nuovi alberi può essere vista all’interno di un progetto di ampliamento e miglioramento degli spazi verdi nelle nostre città, dove spesso queste aree sono abbandonate e dovrebbero invece rappresentare una opportunità di miglioramento della vita dei cittadini stessi.
La Natura, sì. E anche l’Uomo.
Gli interventi di “ripristino della natura” non possono essere visti come interventi che badano alla natura considerando l’uomo come un corpo estraneo. L’obiettivo dev’essere sempre quello di un miglioramento generale delle condizioni, con l’uomo parte dell’ambiente che ne trae beneficio con tutte le altre specie, sia in termini di sicurezza che di salute, grazie ad interventi mirati e coerenti sul territorio.
Buone notizie dall’Italia
L’Italia ha il patrimonio di biodiversità più importante d’Europa e questo è da preservare e ampliare ove possibile. Non dimenticando che l’Italia già oggi presenta degli standard ambientali che molti altri paesi non hanno mai preso in considerazione. Per fare un esempio: gli agrofarmaci nel nostro paese sono tracciati, con residui pressoché nulli negli alimenti. Discorso che non si può fare in molti altri paesi europei. Le emissioni del settore agricolo sono in costante calo con i valori relativi all’ammoniaca che hanno già raggiunto gli obiettivi UE al 2030.
L’agricoltura nel nostro paese è in profonda trasformazione ormai da anni, imporre limitazioni con conseguenti potenziali multe può essere controproducente. Se distruggiamo la nostra filiera saremo costretti ad acquistare sempre più prodotti dall’estero dove gli standard non incontrano quelli italiani.
La Nature Restoration Law deve rappresentare un’opportunità per continuare un processo di avvicinamento delle attività umane - e dell’uomo in generale - all’ambiente in cui viviamo. Entro il 2026, ogni paese sarà chiamato a presentare il proprio Piano. I soldi in ballo, sia in termini di spesa che di potenziale ritorno, possono essere molti. Sarà importante rendere partecipe la cittadinanza delle scelte che verranno prese. Questo non solo per fare in modo che tutti si sentano parte del cambiamento, ma anche per non dare la (solita) impressione di attuare dei progetti calati dall’alto in cui il cittadino comune subisce senza avere un’idea chiara di ciò che viene realizzato.
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