Oggi:

2024-03-19 10:53

Senza gli Impianti Vince Sempre la Discarica

ECONOMIA CIRCOLARE

di: 
Donato Berardi*

Laddove la pianificazione regionale ha fallito, occorre ideare una “Strategia nazionale in materia ambientale”, che sostenga la gestione industriale e indirizzi il Paese verso il perseguimento degli obiettivi comunitari del Pacchetto Economia Circolare. L’autore ha rielaborato sinteticamente il contributo di analisi n. 111 online del Laboratorio REF Ricerche di dicembre 2018, aggiornato con gli ultimi dati Ispra a disposizione.

Il “Pacchetto Economia Circolare”, approvato dal Parlamento Europeo ed in via di recepimento da parte degli stati membri, si presenta come il fine a cui tendere nella gestione del rifiuto urbano al 2035. La direttiva quadro stabilisce infatti gli obiettivi minimi di riciclaggio (65%) e di smaltimento in discarica (10%) da raggiungere, stilando anche un percorso di crescita della percentuale di riciclaggio: 55% entro il 2025 e 60% entro il 2030.

Gli ultimi dati italiani, fotografati dal Rapporto Ispra sui rifiuti urbani, lasciano ben sperare: nel 2017 la produzione di rifiuto è diminuita, la raccolta differenziata è arrivata al 55,5% (+3% rispetto al 2016) e la quota di rifiuti riciclata è salita al 43,9%, ancora lontana dai target UE ma su un percorso di crescita coerente con l’obiettivo.

Anche la frazione dei rifiuti urbani smaltiti in discarica è diminuita (-2%), come conseguenza dell’incremento della raccolta differenziata e dell’aumento dei rifiuti destinati a riciclaggio. Tuttavia, a trovare collocazione in discarica è ancora il 23% dei rifiuti urbani prodotti, una quota ben lontana dal 10% previsto dal Pacchetto Economia Circolare e dai risultati ottenuti da alcune delle migliori esperienze europee. Basti pensare che in Germania i rifiuti urbani destinati in discarica sono circa l’1% del totale (il 32%, viene incenerito), e sulla stessa linea si collocano i Paesi scandinavi, il Belgio, l’Olanda e l’Austria.

Nonostante la direzione intrapresa sia quella giusta, nel nostro Paese vi sono limiti strutturali che rischiano di porre un serio freno alla prosecuzione del percorso di crescita delle percentuali di riciclaggio e di riduzione della quota di rifiuti smaltiti in discarica.

Il deficit impiantistico di riciclaggio e di trattamento delle frazioni indifferenziate che caratterizza vaste aree del Paese si presenta come un limite sostanziale nel raggiungimento degli obiettivi, ed è frutto di scelte errate intraprese in passato a cui oggi, anche per problematiche di tipo autorizzativo, non è facile porre rimedio.

La pianificazione regionale, che avrebbe dovuto sostanziare l’autosufficienza regionale nella gestione del rifiuto urbano, in molte regioni italiane si è rivelata essere uno strumento di matrice più politica che tecnica, fondata su stime assai di sovente ottimistiche sulla produzione di rifiuto e sulla raccolta differenziata finalizzate a giustificare il mancato ricorso a nuovi impianti.

Per raggiungere gli obiettivi indicati dalle direttive UE occorrono politiche coerenti con la gerarchia dei rifiuti europea, che superino i limiti delle pianificazioni regionali e creino le condizioni affinché l’economia circolare possa trovare una sua realizzazione.

 

Uno scenario percorribile: il fabbisogno residuo di riciclaggio della FORSU e di trattamento della RUR

Lo scenario di seguito proposto vuole offrire uno spunto al dibattito sul percorso da intraprendere nei prossimi anni, coerentemente con gli obiettivi comunitari e la gerarchia dei rifiuti.

Le assunzioni alla base della costruzione dello scenario sono le seguenti:

1- Una produzione di rifiuto urbano costante (Ispra 2018), come esito delle politiche di prevenzione e al rinforzo della responsabilità estesa del produttore;

2- Un tasso di raccolta differenziata al 75% nel 2035;

3- Una dotazione impiantistica costante.

Assumendo un’ipotesi d’intercettazione della frazione organica pari a 140 kg/ab/anno, un valore ambizioso ma già ampiamente superato da regioni come Emilia-Romagna e Veneto (160 kg/ab/anno), si giungerà nel 2035 ad un fabbisogno residuo di trattamento della frazione organica (FORSU) di circa 2,3 milioni di tonnellate/anno.

Su queste basi, per soddisfare il fabbisogno di trattamento residuo che avremo da qui ai prossimi 15 anni vi sarebbe necessità di avviare 52 nuovi impianti di digestione anaerobica[1], di cui 35 da realizzare nel Mezzogiorno e nelle Isole. 

Dallo scenario proposto si evince che, anche in un contesto di crescita delle raccolte differenziate, residua comunque un fabbisogno di trattamento del rifiuto urbano indifferenziato (RUR). A parità di capacità impiantistica, questo fabbisogno al 2035 si quantifica in circa 1,5 milioni di tonnellate in più di rifiuto urbano indifferenziato da smaltire.

Se si mutua una declinazione del principio di autosufficienza su base di area geografica (Nord, Centro, Sud, le due Isole maggiori), da qui ai prossimi 15 anni occorrerebbe realizzare quattro nuovi impianti di termovalorizzazione, due di taglia grande, collocati in Sicilia e Campania, e due di taglia media, da avviare in Sardegna e nel Centro Italia, al servizio delle regioni Umbria, Marche e Lazio. 

La violazione di una o più delle assunzioni che sono alla base delle quantificazioni proposte comporta di conseguenza un incremento del fabbisogno di trattamento.

Infatti:

  • qualora la produzione del rifiuto dovesse crescere in linea con il Pil o i consumi, vi sarebbe un fabbisogno aggiuntivo di trattamento della FORSU per 1,7 milioni t/anno e uno della RUR di 2 milioni t/anno;
  • se gli impianti di incenerimento oggi attivi e di cui si è annunciata la chiusura dovessero effettivamente venire a mancare, vi sarebbe un fabbisogno aggiuntivo di 800 mila t/anno;
  • se gli scarti delle raccolte differenziate dovessero rimanere quelli attuali vi sarebbe un fabbisogno aggiuntivo di incenerimento di 2,2 milioni t/anno.

Una strategia nazionale per sostanziare l’economia circolare

In conclusione, l’aumento delle raccolte differenziate è condizione necessaria ma non sufficiente per raggiungere i target stabiliti dall’UE. Affinché gli auspici non rimangano tali è necessario un impegno per:

  1. attuare politiche di prevenzione in grado di sganciare la crescita della produzione di rifiuto da quella dei consumi e del Pil (EPR, riuso, vuoto a rendere, eccetera);
  2. incentivare l’utilizzo delle materie prime seconde, per trovare uno «sbocco» alle RD.
  1. realizzare gli impianti per il riciclaggio coerenti con lo sviluppo delle RD;
  2. sostenere la trasformazione dei rifiuti in «prodotti» e materie prime seconde (recupero di materia, riciclaggio, EoW);

Infine, anche in un percorso di crescita del tasso di raccolta differenziata, i sovvalli da raccolta e l’attuale insufficienza del parco impiantistico in alcune aree del Paese rendono necessario l’avvio di nuovi impianti di trattamento della RUR.

La nuova prospettiva dell’economia circolare e il complesso e non omogeneo contesto nazionale suggeriscono l’opportunità di una vera e propria “Strategia nazionale in materia ambientale” che sostenga la gestione industriale, capace di effettuare gli investimenti per lo sviluppo dei servizi e la realizzazione degli impianti necessari al perseguimento degli obiettivi del Pacchetto economia circolare.

*Laboratorio REF Ricerche


NOTE

[1] Si assume una capacità di trattamento di 45.000 tonnellate/anno.