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2024-04-19 04:13

Guarda un Po’ Chi Fa l’Idrogeno Pulito…

STRATEGIA EUROPEA DELL’IDROGENO

di: 
Lighea Speziale e Lorenzo Ceccherini

Gli autori raccontano di come evolve la strategia europea dell’idrogeno. Un settore inaspettato tra quelli che stanno investendo sull’idrogeno è quello dei rifiuti e, precisamente, quello dei termovalorizzatori che producono idrogeno rinnovabile per il rifornimento di camion dei rifiuti. Non proprio a costo zero ma, almeno, a chiusura di un cerchio.

Come ha detto Frans Timmermans - Vice Presidente della Commissione e campione del Green Deal – martedì 6 Ottobre al Parlamento durante la discussione sui target per il clima del 2030: “raggiungere il 60% di riduzione delle emissioni di gas serra (...) sarà dannatamente difficile da realizzare. Chiederemo importanti sacrifici a tutti: il comparto industriale, i cittadini, il sistema di trasporti, ecc..”.

Il giorno dopo il Parlamento ha votato con una maggioranza contata il target del 60% di riduzioni per il 2030, rilanciando rispetto 55% proposto dalla Commissione. È ormai chiaro che le istituzioni con mandato Europeo (Commissione e Parlamento) hanno scommesso la loro reputazione sulla buona riuscita del Green Deal e metteranno sul piatto tutti gli strumenti che hanno a disposizione per poter raggiungere obiettivi che fino a qualche anno fa sembravano impensabili.  

Non è un caso che un settore industriale strategico come la produzione di acciaio si sia impegnato a raggiungere obiettivi di decarbonizzazione impensabili fino a qualche anno fa, investendo sia sul fronte dell’elettrificazione che sulla cattura del carbonio e l’uso di idrogeno. E l’acciaio è un esempio che aiuta a capire come per raggiungere l’ambizioso obiettivo del Green Deal europeo della neutralità climatica in Europa entro il 2050 sia necessaria una completa trasformazione del sistema energetico, che al momento genera circa il 75% delle emissioni di gas serra.

Vanno in questa direzione le recenti strategie per l’integrazione del sistema energetico e dell’idrogeno, entrambe pubblicate dalla Commissione a luglio 2020. La strategia sull’integrazione del sistema energetico (energy system integration) si basa su tre elementi principali:

  • un sistema energetico più circolare, dove non venga sprecata energia e l’efficienza energetica sia considerata primaria (ad esempio tramite l’utilizzo del cosiddetto calore di scarto da processi industriali e data centers),
  • la transizione verso energià più pulita prodotta da fonti rinnovabili,
  • la promozione di carburanti rinnovabili o a basse emissioni di carbonio, come ad esempio i biocarburanti prodotti da biomasse o rifiuti oppure l’idrogeno cosiddetto pulito.

Secondo i piani della Commissione Europea questa strategia agevolerà il processo di decarbonizzazione: l'UE consumerà complessivamente meno energia, dipenderà sempre più da risorse interne rinnovabili e diversificherà gradualmente le importazioni energetiche a favore di vettori più puliti, come l'idrogeno rinnovabile.

Nella strategia sull’idrogeno, già discussa qui e qui , la Commissione delinea il progetto di sviluppo dell’idrogeno pulito, cioè quell’idrogeno prodotto in elettrolizzatori alimentato ad energia elettrica rinnovabile, mediante reforming di biogas (anziché di gas naturale) o conversione biochimica della biomassa sostenibile.

Guidata dal paese che da sempre è da spina dorsale dell’industria europea, la Commissione ha seguito passo passo i principi della strategia tedesca sull’idrogeno, che ha puntato tutto sull’idrogeno “verde” con l’obiettivo di stimolare una innovazione industriale e supportare l’industria tedesca nel diventare leader del settore. L’ispirazione tedesca si vede negli obiettivi del piano europeo, che ai detrattori sembra un salto nel vuoto e ai sognatori un pezzo irrinunciabile per raggiungere la carbon neutrality: la Commissione infatti punta a raggiungere tra il 2025 e il 2030 un target di 40 GW di elettrolizzatori installati per la produzione di circa 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile. Se si considera che al momento gli impianti di elettrolisi esistenti producono meno del 4% dell’idrogeno totale, per adesso prevalentemente prodotto da fonti fossili, si comprende l’entità degli investimenti che l’unione europea intende mettere in campo.

La Commissione stessa riconosce infatti che al momento nè l’idrogeno rinnovabile nè quello a basso impatto di carbonio sono competitivi a livello di costi.

Al fine di raggiungere i 40 GW è anche nata un’Alleanza Europea per l’Idrogeno Pulito, un’unione di aziende, autorità pubbliche, organizzazioni di ricerca, finanziarie e di altra natura, coordinato dalla Commissione Europea,   con lo scopo di sviluppare e utilizzare l'idrogeno come vettore energetico vitale in Europa, in modo che diventi progressivamente più competitivo a livello globale. Un’alleanza di ampio respiro che include anche rappresentanti di un settore poco considerato nelle grandi strategie politiche: quello del trattamento dei rifiuti e nello specifico del recupero di energia da rifiuti, che ha iniziato recentemente a esplorare la possibilità di generare idrogeno pulito. Questa possibilità è legata al fatto che la frazione biodegradabile dei rifiuti che vengono trattati negli impianti di termovalorizzazione dà luogo alla produzione di energia rinnovabile. Nonostante la forte crescita della raccolta differenziata dei rifiuti organici, c'è ancora una frazione biodegradabile nei rifiuti residui che è troppo contaminata per il compostaggio o la digestione anaerobica.  Nella pratica, la frazione biodegradabile fa si che circa il 50% dell’energia prodotta da questi impianti sia considerata rinnovabile, e quindi una potenziale fonte di produzione di idrogeno pulito.

Inoltre, a differenza di altre tipologie di fonti energetiche rinnovabili intermittenti, la termovalorizzazione può contare sulla programmabilità e flessibilità di utilizzare l'energia elettrica generata per molteplici scopi: soddisfare la domanda della rete nazionale in tempo reale o alimentare un elettrolizzatore per la produzione di idrogeno che può essere poi usato come vettore energetico. Gli impianti di termovalorizzazione potrebbero quindi fungere anche da unità di stoccaggio dell'energia, seguendo la domanda di energia e le fluttuazioni quotidiane del mercato.

Un esempio all’avanguardia in questo senso è l'impianto di Wuppertal, in Germania, dove parte dell'elettricità generata durante il trattamento termico dei rifiuti residui viene utilizzata per la produzione di idrogeno. Wuppertal Stadtwerke ha messo in strada dieci nuovi autobus alimentati a celle a combustibile. I veicoli utilizzano quindi l’idrogeno prodotto localmente, utilizzando elettrolizzatori alimentati dall'impianto di termovalorizzazione.

Un altro buon esempio in cui questi tre aspetti sono stati presi insieme è Waste-to-Wheel, parte del progetto di Tractabel Revive in Belgio, che è stato finanziato dall'impresa comune Fuel Cells and Hydrogen - una soluzione circolare per trasformare l'elettricità del termovalorizzatore in idrogeno rinnovabile per il rifornimento di camion dei rifiuti. In questo modo l’intero ciclo dello smaltimento, compresi raccolta e trasporto, è alimentato dall’energia prodotta dall’impianto, ed è a impatto zero. Il progetto aiuterà la commercializzazione della tecnologia delle celle a combustibile per autocarri pesanti ed è un esempio di collaborazione tra quindici partner che rappresentano l'intera filiera, dai produttori di celle a combustibile fino ai consumatori e agli operatori della gestione dei rifiuti.

Contribuire agli obiettivi strategici come la decarbonizzazione è essenziale per degli impianti che sono da sempre considerati – nel migliore dei casi – un male necessario. Cercare di compensare una futura produzione altalenante di elettricità – vista la maggiore penetrazione nella rete di rinnovabili come l’eolico e il fotovoltaico – con investimenti legati alla produzione di idrogeno pulito è una delle possibilità che il settore sta esplorando.

Rimangono comunque in piedi una serie di interrogativi: questi progetti pilota sebbene perfettamente funzionanti non sarebbero mai stati realizzati senza l’intervento decisivo dei finanziamenti dell’Unione Europea. La scommessa della Commissione è quella di far crescere il mercato al punto da fare diventare questi costi sostenibili, e questo è decisivo soprattutto per un settore come la gestione dei rifiuti, che ha come ruolo primario quello di garantire un servizio efficace ai cittadini, che ne coprono parzialmente i costi. Se non altro, ci si augura che gli sforzi di riscatto che il settore della termovalorizzazione sta mettendo in piedi vengano premiati da una migliore accettazione da parte della politica e della società civile.