DECRETO SULLE ASTE TEE
Per sopravvivere, la borsa dei Certificati bianchi sulla piattaforma GME deve almeno triplicare i volumi scambiati. L’autore, Energy Manager di Hera SpA, torna a proporre un rilancio del meccanismo che, fra l’altro, permetterà di conteggiare l’efficienza conseguita ai fini del raggiungimento degli obiettivi nazionali. Ne avevamo già parlato qui.
In Copertina: Foto dal film Trading places, regia di John Landis, 1983
In questi giorni, si sta discutendo del nuovo decreto sulle aste dei TEE, Titoli di efficienza energetica, il quale dovrebbe riuscire a generare nuova efficienza energetica principalmente intercettando nuovi progetti capital intensive, i quali oggi non riescono ad essere incentivati dall’attuale segnale di prezzo espresso dalla borsa. È una grande occasione per portare all’interno del meccanismo volumi importanti di nuovi certificati bianchi (e dunque di nuova efficienza energetica utile per gli obiettivi nazionali) i quali tuttavia, per aiutare la ripresa del sistema, devono essere riversati in borsa in modo da incrementarne la stabilità consentendo, allo stesso tempo, la rimozione degli strumenti artificiali di controllo introdotti.
Come è noto agli addetti ai lavori, una borsa di scambio basata sul bilanciamento tra domanda ed offerta di un bene è in grado di fornire un segnale di prezzo di mercato tanto più significativo quanto maggiori sono i volumi in essa scambiati, ed al di sotto di determinati valori il sistema risulta troppo instabile - rispetto a perturbazioni esterne di varia natura, - perdendo resilienza e affidabilità nell’espressione virtuosa delle dinamiche di mercato.
Bisogna riconoscere che i provvedimenti emergenziali sul meccanismo dei certificati bianchi, introdotti dal Ministero con il decreto 11 gennaio 2017 (introduzione di TEE virtuali), e successivamente la rimodulazione degli obblighi in capo ai distributori, sono risultati misure efficaci per mitigare l’estrema volatilità del prezzo di scambio dei TEE, dovuta alla forte contrazione della liquidità che aveva mandato in sofferenza l’intero sistema.
Infatti, da alcuni anni, il valore di scambio dei titoli sulla piattaforma GME risulta molto stabile. Tuttavia, il prezzo pagato è stato molto alto: la sospensione quasi totale delle dinamiche di mercato, con la sostanziale introduzione di un prezzo amministrato, oltre che il depotenziamento del sistema. Niente di nuovo, era una misura emergenziale necessaria in quel momento; ma l’emergenza deve essere superata, e l’unico modo per farlo è quello di rendere di nuovo liquida la borsa GME con volumi scambiati di molto superiori a quelli attuali.
Abbiamo già detto in varie sedi come questo sia possibile attraverso l’integrazione del meccanismo ad aste con quello attuale basato sulla borsa regolamentata, e come sia possibile far funzionare, nel rispetto delle dinamiche di mercato, due sistemi che esprimono segnali di prezzo differenti (solitamente più alto quello delle aste per interventi capital intensive, ma potrebbe essere anche l’inverso per alcune tecnologie), regolando la differenza di valorizzazione del certificato bianco della base d’asta - rispetto a quello medio ponderato di borsa GME - con la stessa logica alla base anche di altri strumenti incentivanti utilizzati in alcuni paesi europei, come i CCFD (Carbon Contract for Difference) utilizzati in Germania per incentivare le tecnologie per la decarbonizzazione dei processi produttivi basati, appunto, sulla C02 (aste ETS). In estrema sintesi, chi realizza l’investimento e si aggiudica la tariffa in asta, riceve quella remunerazione bloccata per tutta la vita utile dell’intervento, ed il certificato bianco viene immesso in borsa al prezzo di mercato; la differenza rispetto alla tariffa aggiudicata in asta viene erogata all’investitore dal GSE (o gestore dell’asta).
Un sistema così disegnato ha il vantaggio di permettere il riversamento in borsa di tutta la nuova liquidità generata dalle aste, la quale andrà a sommarsi a quella generata dal meccanismo tradizionale, rendendo credibile un consistente incremento dei volumi, a valori sufficienti per la rimozione dei meccanismi di controllo amministrati che attualmente, come già detto, imbrigliano le naturali dinamiche di mercato con le quali dovrebbe funzionare la borsa.
Il grosso rischio che vediamo in questo momento è la scelta di due meccanismi separati (aste e borsa); se dovesse prevalere questa linea rispetto ad un sistema unico integrato, a nostro avviso sarebbe impossibile per la borsa riprendere ad operare su volumi sufficienti per un suo sano funzionamento. Anche un sistema parzialmente collegato, cioè basato su due sistemi separati nei quali non si riverserebbe in borsa la nuova liquidità generata dalle aste, ma questa verrebbe comunque utilizzata per la riduzione degli obblighi in capo ai distributor, pur aiutando il mercato a rimanere liquido - bilanciando il rapporto domanda/offerta - genererebbe una liquidità talmente bassa da impedire il corretto funzionamento della borsa, proprio per le ragioni che abbiamo detto all’inizio: in particolare in un mercato caratterizzato da una domanda non sufficientemente frammentata, nella quale un solo operatore rappresenta oltre il 40% della domanda.
L’integrazione sinergica dei due sistemi, viceversa, determinerebbe un effetto virtuoso di reciproco sostegno: l’incremento dei volumi scambiati, grazie alle aste, gonfierebbe la borsa rendendola più stabile ed affidabile e questo, a sua volta, aumenterebbe la fiducia degli investitori nel sistema incentivante, richiamando nuovi progetti in un effetto virtuoso autoalimentato dalla struttura di base posta alla radice del meccanismo stesso. Inoltre, la possibilità di un eccesso di liquidità riversata in borsa non dovrebbe in alcun modo preoccupare gli operatori, proprio per l’introduzione, con il decreto del 21 maggio 2021, del meccanismo di stabilità, che permette al MASE di intervenire rapidamente incrementando gli obblighi per l’anno successivo, scongiurando così la possibilità di una riduzione eccessiva del segnale di prezzo nella borsa GME.