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2025-01-24 02:01

Abbiamo Misurato la Distanza dell’European Green Deal dalla Realtà

XVI CONFERENZA EE

di: 
Tommaso Franci

Nella premessa al rapporto “Obiettivi e realtà delle politiche climatiche in Italia”, realizzato dal gruppo di studio degli Amici della Terra (Matteo Onori, Carlotta Basili e lo stesso Tommaso Franci) e presentato alla XVI Conferenza per l’Efficienza Energetica, l’autore riepiloga le ragioni di critica alle politiche energetico climatiche europee espresse apertamente dall’associazione nel corso degli ultimi cinque anni e confermate dall’andamento dei dati. Infine, elenca le proposte per correggere la rotta delle politiche in Italia.

In Copertina: Foto Giorgio Maiozzi - Amici della Terra


Lo scollamento tra le politiche energetico-ambientali italiane basate sull’European Green Deal e la realtà continua ad aumentare, con l’effetto di renderne sempre più fragili le basi. Ciò compromette in modo crescente la possibilità di conseguire in modo razionale gli obiettivi possibili di riduzione delle emissioni di gas serra sia in Italia che a livello globale.

Questo processo negli ultimi cinque anni è stato acuito dall’impostazione del pacchetto “Fit for 55”, che ha dettagliato con specifici provvedimenti i contenuti degli indirizzi dell’European Green Deal, lanciato nel 2019 con il primo mandato della Presidente Ursula von der Leyen. L’innalzamento degli obiettivi e i tempi vincolanti previsti per il loro conseguimento, - come la riduzione, nella UE, del 55% delle emissioni climalteranti entro il 2030 rispetto al livello del 1990 - si stanno rivelando sempre più irrealizzabili.

Uno degli errori fondamentali dell’impostazione dell’European Green Deal è stato di aver privilegiato alcune tecnologie per conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione, ed in particolare rinnovabili intermittenti (fotovoltaico ed eolico), batterie, veicoli elettrici e idrogeno, filiere che sono quasi completamente nelle mani della Cina, ponendo così le basi per una nuova forma di dipendenza energetico - tecnologica.

Altrettanto grave è stata la mancata considerazione degli impatti ambientali nella filiera mineraria di approvvigionamento di risorse non rinnovabili quali sono i materiali critici, indispensabili in modo crescente per lo sviluppo di queste filiere tecnologiche.

A questo si aggiunge la sottovalutazione degli impatti territoriali, paesaggistici e ambientali legati alla necessità di moltiplicare la presenza di impianti di produzione di FER intermittenti, tecnologie caratterizzate da una bassa densità energetica.

Il presupposto di rapida elettrificazione dei consumi di energia, senza valutarne la sua effettiva fattibilità, è totalmente incompreso nella sua portata. In particolare, è stata sopravvalutata la capacità effettiva delle rinnovabili intermittenti di ampliare l’offerta di energia elettrica a costi sostenibili, escludendo un ruolo per il nucleare; ma soprattutto non sono state realisticamente considerate le condizioni necessarie per incrementare la domanda di elettricità, che può avvenire solo sulla base delle scelte di cittadini e famiglie, a partire da quelle per la mobilità e le abitazioni.

Nel caso della scelta dell’idrogeno come vettore energetico considerato risolutivo per i settori industriali energy intensive e nei trasporti pesanti, emerge che l’impostazione dell’European Green Deal ha fatto erroneamente affidamento su una filiera tecnologica considerandola, senza fondamento, già matura e competitiva.   

Nei cinque anni del primo mandato della Commissione UE guidata dalla Presidente von der Leyen questa impostazione ha ulteriormente mostrato i suoi limiti di fronte alla crisi economica indotta dalla pandemia, e agli shock sulle condizioni di approvvigionamento energetico dell’Europa causati dalla guerra di aggressione della Russia all’Ucraina. Nonostante lo sforzo di tenere conto di queste dinamiche di crisi con il RepowerEU, mirato soprattutto alla sicurezza degli approvvigionamenti energetici, l’UE non ha fatto i conti fino in fondo con i limiti di un approccio poco realistico e condizionato da scelte dirigiste inadeguate alle caratteristiche dei diversi mercati dell’energia e alle interazioni tra essi.

Le difficoltà economiche di questi ultimi anni, in termini di riduzione di capacità di acquisto delle famiglie, in molti paesi europei hanno accentuato la criticità dei costi crescenti per i cittadini nella spesa: per i consumi energetici, per l’acquisto dei mezzi di trasporto e per gli investimenti nel miglioramento energetico delle abitazioni.

Questo scenario fa risaltare maggiormente la rigidità con cui le istituzioni UE hanno gestito la fase finale di definizione dei provvedimenti del pacchetto “Fit for 55”, come nei casi dell’aggiornamento della direttiva EPBD e delle normative in materia di emissioni dei mezzi di trasporto. In questa fase è positivo il fatto che sia caduto l’ostracismo delle istituzioni UE rispetto al ruolo del nucleare per conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione, oltre che di sicurezza energetica.

Da tempo era evidente che la sottovalutazione di queste contraddizioni avrebbe facilmente indotto soprattutto nelle fasce economiche più deboli un rifiuto di questa impostazione delle politiche ambientali, un rifiuto che si sarebbe facilmente prestato ad una strumentalizzazione politica in chiave elettoralistica.

Gli esiti di questo processo si sono ampiamente manifestati nelle scadenze elettorali di questi ultimi anni. In particolare, proprio in occasione delle recenti elezioni europee, le forze politiche populiste sono cresciute molto nel nuovo Parlamento anche cavalcando, in modo strumentale, l’opposizione all’European Green Deal, pur non riuscendo a formulare un approccio alternativo e costruttivo alle politiche ambientali.

Nonostante il restringimento del consenso elettorale delle forze politiche che avevano sostenuto il primo mandato della Presidente uscente e il cambiamento di atteggiamento sul Green Deal di alcune di queste come il Gruppo del Partito popolare europeo (PPE), il Parlamento UE ha rieletto Ursula von der Leyen per un secondo mandato sulla base di un documento programmatico particolarmente scarno e contradditorio sulle politiche energetico – ambientali. Questa contraddittorietà costituisce uno dei punti di debolezza che si riflette anche nell’impostazione della nuova governance della Commissione per la gestione delle politiche energetico - ambientali con la scelta di una vicepresidenza esecutiva che dovrà coordinare il ruolo di altri tre commissari con competenze in questo ambito.

Tale debolezza si è manifestata anche nel processo di verifica e conferma dei commissari designati a ricoprire tali ruoli: è stata evidenziata nei contenuti delle lettere di incarico della Presidente e dai contenuti delle loro dichiarazioni nel corso dei confronti, in queste settimane, con le commissioni del Parlamento UE.

In particolare, con un ulteriore rilancio sugli obiettivi 2040 di riduzione delle emissioni (riduzione del 90% rispetto ai livelli del 1990) e confermando la contrarietà a un ruolo dei biocombustibili nella decarbonizzazione nel trasporto stradale leggero, pesante e marittimo.

Su queste basi, la nuova commissione UE rischia di partire con un handicap e senza una strategia adeguata a superare le contraddizioni del Green Deal e del pacchetto “Fit x 55”, nonostante la scelta di introdurre un nuovo strumento, come il Clean industrial Deal e un vasto numero di nuovi piani settoriali di intervento preannunciati dai commissari designati.

Anche il rapporto Draghi, che dovrebbe essere uno dei principali riferimenti per il Clean Industrial Deal, pur ponendo correttamente le basi in termini generali per una vera svolta nella politica industriale indispensabile all’UE per poter svolgere il ruolo che le compete nello scenario geopolitico globale, appare invece carente e sostanzialmente condizionato dall’impostazione del Green Deal per la parte inerente energia, mobilità e materiali critici.

Questa debolezza della UE rischia di accentuarsi di fronte alle iniziative preannunciate dal nuovo Presidente eletto degli USA con una politica commerciale basata sull’introduzione generalizzata di dazi, un nuovo ritiro dagli accordi di Parigi e uno smantellamento delle attuali politiche ambientali USA.

I numerosi fronti di crisi dello scenario globale si sono riflessi anche sull’andamento della COP 29 a Baku e sulle prospettive della funzionalità di quelli che vengono considerati i principali strumenti di intervento della comunità internazionale per affrontare il cambiamento climatico.

In questo contesto le iniziative più pragmatiche, nate nel contesto della comunità internazionale, come quelle per la riduzione delle emissioni di metano (GMP, IMEO, OGMP 2.0 e OGDC), sono tra quelle più promettenti per conseguire risultati importanti nel breve-medio periodo. Attraverso tali iniziative, sia la UE che l’Italia, possono svolgere un ruolo importante per favorire la riduzione delle emissioni climalteranti a livello globale.

Il PNIEC 2024 dell’Italia, notificato alla Commissione uscente a fine giugno scorso, incorpora in larga parte tutte queste contraddizioni, e presenta anche alcune novità positive come il riconoscimento del tema delle emissioni di metano e una prima apertura al ruolo del nucleare nelle politiche di decarbonizzazione del nostro Paese.

Sulle prospettive delle politiche energetico-ambientali dell’Italia da qui al 2030 pesa anche il fallimento dell’esperienza del superbonus che sta penalizzando in modo pesante la possibilità di sostenere efficacemente e in modo continuo il processo di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio nazionale e, quindi, le prospettive di decarbonizzazione del residenziale e del terziario. 

Il “Rapporto su obiettivi e realtà delle politiche climatiche in Italia” elaborato dagli Amici della Terra analizza gli andamenti dell’ultimo decennio (2014-2023) nel nostro paese per i principali indicatori utilizzati per misurare il conseguimento degli obiettivi del PNIEC 2024 al 2030. I risultati di questa analisi[1] nella Tabella mostrano i tempi che sarebbero necessari a conseguire gli obiettivi 2030 sulla base di questi trend. Questi risultati non costituiscono una previsione ma offrono un’indicazione significativa del grado di inefficacia delle politiche finora praticate e basate sulle rinnovabili intermittenti.

Tabella - Obiettivi 2030 del PNIEC 2024 e Anni Necessari al loro Conseguimento in Base ai Trend 2014-2023

Obiettivi Italia al 2030

Obiettivi al 2030 del PNIEC 2024

Tasso Medio Annuo 2014-2023

Anni Necessari al Raggiungimento dell’Obiettivo 2030

Emissioni di Gas Serra

-44% rispetto al 1990

-1,2%

24 anni

Emissioni Settori ETS

-63% rispetto al 2005

-3,1%

10 anni

Emissioni Settori ESR

-43,7% rispetto al 2005

-0,1%

323 anni

Consumo di Energia Primaria

123,3 Mtep

-0,7%

11 anni

Consumo Finale Energia

101,7 Mtep

-0,6%

10 anni

Intensità Energetica

71,8 tep/mln€

-1,6%

10 anni

% Fossili nel Mix Energetico

61,2%

-0,4%

55 anni

% Elettricità nei Consumi Totali

27,0%

+0,01%

2407 anni

% Rinnovabili nei Consumi Totali

39,4%

+1,7%

42 anni

% FER Termiche negli Usi Termici

35,9%

+1,5%

34 anni

% FER Elettriche negli Usi Elettrici

63,4%

+1,7%

29 anni

Dipendenza Energetica

61,0%

-0,2%

109 anni

Elaborazione Amici della Terra su dati Eurostat, MASE e Consiglio dell’Unione europea.


Dalla lettura dei dati della tabella emerge come principale criticità il trend strutturale di lentissima crescita della penetrazione elettrica, quasi ferma da più di un decennio (22,3% nel 2023), un trend che non potrà avere una radicale svolta nel medio periodo (2030) anche alla luce delle crescenti difficoltà che stanno incontrando nel mercato nazionale le tecnologie che potrebbero consentirlo, in particolare nei consumi elettrici del settore residenziale e dei trasporti.

L’andamento dell’ultimo decennio (vedi Figura 22) mostra che sarebbero necessari oltre 2400 anni per raggiungere il livello di penetrazione elettrica nei consumi totali indicato dal PNIEC 2024 per il 2030, e conferma, oltre agli altri punti di debolezza già evidenziati, l’erroneità di affidare in modo esclusivo alla filiera delle FER elettriche intermittenti la crescita delle fonti rinnovabili nei consumi di energia complessivi.

Consumi che nella realtà (vedi Figura 7) continuano ad essere dominati da quelli per usi termici, come il riscaldamento degli edifici e il calore di processo (44,1%), e dai consumi per trasporti (33,6%) dato il ruolo delle motorizzazioni a combustione interna.

La seconda principale criticità riguarda i tempi che sarebbero necessari al conseguimento degli obiettivi 2030 di riduzione delle emissioni climalteranti in Italia. Il trend degli ultimi 10 anni (vedi Figura 1) consentirebbe raggiungere l’obiettivo 2030 complessivo di riduzione rispetto al 1990 del PNIEC 2024 (-44%) in 24 anni.

Cambiano molto le prospettive di riduzione se si vanno a considerare separatamente i due aggregati di emissioni GHG considerati dalla UE, costituiti da quelle soggette al meccanismo ETS e le altre soggette invece agli obiettivi del regolamento ESR (vedi Figura 2). I trend dell’ultimo decennio mostrano che in Italia l’obiettivo 2030 di riduzione per le emissioni “ETS” potrebbe essere conseguito in 10 anni mentre quello per le emissioni ESR richiederebbe 322 anni. Tale discrepanza riflette da una parte l’efficacia dell’ETS come meccanismo di mercato rivolto ai grandi impianti termoelettrici e industriali (oltre all’effetto della delocalizzazione delle industrie energivore italiane), e dall’altra le difficoltà già richiamate a conseguire le riduzioni di emissioni richieste nei consumi energetici per trasporti ed edifici (vedi Figura 3), che nei prossimi anni dovrebbero anch’essi iniziare ad essere soggetti all’ETS con un impatto diretto sui costi energetici dei cittadini. 

Da evidenziare i tempi prevedibili relativamente brevi, pari a circa 10 anni, per il conseguimento degli obiettivi 2030 del PNIEC 2024, considerati dalla UE rappresentativi dei miglioramenti di efficienza energetica come il livello dei consumi di energia e l’intensità energetica (vedi Figura 5, Figura 6 e Figura 15). Tali indicatori in realtà riflettono in modo rilevante anche fattori diversi dall’efficienza energetica, come la riduzione dell’importanza di settori industriali energivori e la loro delocalizzazione in aree con norme ambientali meno stringenti.

Considerando la penetrazione delle fonti rinnovabili nei consumi complessivi di energia sulla base dell’andamento dell’ultimo decennio (vedi Figura 23), emerge che oggi sarebbero necessari 42 anni per conseguire l’obiettivo 2030 del PNIEC 2024. Tale dato comprende aggregati di consumi energetici molto diversi come quelli elettrici, quelli termici e quelli per trasporti, in cui la penetrazione delle fonti rinnovabili avviene con dinamiche e modi molto diversi, in particolare rispetto al ruolo degli utenti. Nel caso della penetrazione delle rinnovabili nei consumi elettrici (vedi Figura 25), che implica una partecipazione circoscritta delle utenze, sarebbero necessari 29 anni per conseguire gli obiettivi 2030. Mentre nel caso delle rinnovabili nei consumi per usi termici (vedi Figura 26), che implica un ruolo molto rilevante delle scelte delle utenze, sarebbero necessari 34 anni

I risultati di questo tipo di analisi vengono spesso utilizzati dall’ambientalismo ideologico con un approccio semplicistico per affermare retoricamente che non possiamo permetterci di aspettare così tanti anni per raggiungere questi obiettivi. Riteniamo invece che questi dati debbano essere il punto di partenza per comprendere le dinamiche che governano i processi reali, e che solo su questa base si possano formulare nuove politiche energetico ambientali utili per conseguire i miglioramenti possibili, da tradurre in obiettivi effettivamente conseguibili. Continuare ad ignorare questa realtà mantenendo obiettivi irrealistici rischia, invece, di allontanare ancora i progressi possibili nel processo di decarbonizzazione.

In questo scenario l’Italia può e deve partire dalla propria realtà senza farsi condizionare e valorizzando i punti di forza che la caratterizzano. Al netto delle incertezze che gravano sul futuro delle politiche UE e delle contraddizioni che di conseguenza gravano sul PNIEC 2024, è indispensabile che, nella definizione delle nuove politiche energetico-climatiche dell’Italia, si privilegino misure e interventi basati su un approccio realistico.

Per gli Amici della Terra l’Italia, nella strategia di attuazione del PNIEC e nella partecipazione al processo di aggiornamento delle politiche energetico-ambientali dell’UE, dovrà seguire i seguenti indirizzi:

  • Priorità agli investimenti nei miglioramenti di efficienza energetica valorizzando la realtà italiane delle esperienze di eccellenza con particolare attenzione alle innovazioni già disponibili e applicabili.
  • Sostegno agli investimenti per l’efficienza energetica nelle attività produttive ampliando il ruolo di strumenti come Industria 5.0, il meccanismo di mercato dei certificati bianchi e di tutte le azioni che possano coniugare il conseguimento dei miglioramenti di efficienza energetica e la crescita della competitività contrastando il processo di deindustrializzazione del Paese.
  • Una nuova disciplina delle detrazioni fiscali, sostenibile per la finanza pubblica, mirata a sostenere nei tempi possibili e con continuità il processo di riqualificazione energetica degli edifici secondo gli indirizzi previsti dal PNIEC 2024. 
  • Individuazione di percorsi sostenibili economicamente e socialmente per consentire l’elettrificazione nei consumi energetici del settore civile valorizzando il ruolo delle pompe di calore elettriche per le quali è presente in Italia un tessuto industriale di eccellenza. 
  • Promuovere un ruolo crescente dei biocombustibili nei trasporti valorizzando la filiera tecnologica – produttiva italiana in un’ottica di analisi del ciclo di vita e di filiere industriali.
  • Rafforzare l’impegno per la riduzione delle emissioni di metano della filiera del gas naturale con l’attuazione del regolamento UE e con iniziative autonome di cooperazione con i paesi produttori al fine di ridurre l’impronta emissiva delle importazioni.
  • Attraverso un adeguato programma di informazione, favorire la conoscenza presso il pubblico e presso gli eletti nelle istituzioni a tutti livelli di rappresentanza politica, del confronto fra l’efficacia, l’efficienza e il costo dei diversi possibili scenari di transizione energetica utili per il raggiungimento di obiettivi climatici significativi garantendo la sicurezza energetica e l’indipendenza da monopoli di tecnologie e di materiali.
  •  Adottare, attraverso l’approvazione di una legge delega, tutti i provvedimenti necessari a ricostruire il quadro di regolazione necessario ad autorizzare la costruzione e la gestione di centrali nucleari ciascuna delle quali dotata di reattori della tecnologia più avanzata commercialmente disponibile.  
  • Varare una strategia nazionale di politica industriale mirata al consolidamento e allo sviluppo di tutte le filiere italiane rilevanti per il percorso di transizione energetica (tecnologie per l’efficienza energetica, pompe di calore elettriche, biocombustibili, applicazioni per la riduzione delle emissioni di metano nella filiera del gas naturale, nucleare).
  • Misure di promozione degli impianti fotovoltaici su coperture degli edifici e nelle aree industriali o compromesse.
  •  Dimensionamento degli obiettivi di sviluppo degli impianti eolici solo se compatibile con la tutela dei valori paesaggistici e ambientali del territorio.

 

NOTE


[1] Per questa analisi è stato scelto di utilizzare il tasso di crescita annuale composto (Compound Annual Growth Rate - CAGR) del decennio 2014-2023 come indicatore rappresentativo dell'andamento complessivo nel periodo considerato. La versione integrale del rapporto offre un’analisi specifica per ognuno di questi indicatori.

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