TERREMOTO DEL CENTRO ITALIA
Per un paese come l’Italia dove le abitazioni e i servizi coincidono spesso con il patrimonio storico e monumentale, la prevenzione è un programma ambizioso, non è amministrazione ordinaria. Prima di essere una questione tecnica di protezione civile, è un problema di sistema, quindi innanzitutto politico e culturale.
Niente morti questa volta. Nella tragedia, alcune circostanze fortunate hanno fatto si che, sotto le macerie, non rimanesse nessuno. Come il fatto che nella zona dell’epicentro la popolazione fosse già in allarme o che gli edifici fossero già stati abbandonati a causa del terremoto di agosto. O come il ritardo dei sopralluoghi nelle zone interessate dai crolli a causa della giornata festiva e del cambio di ora legale.
Invece, l’emblema di questo terremoto di ottobre è il crollo della basilica di San Benedetto a Norcia, a rappresentare la dimensione sociale, culturale ed economica del danno subito in un’area scarsamente abitata ma fortemente evocativa dell’identità nazionale. Forse, insieme al dolore per i lutti recenti, un simile ampliamento del danno costringerà, oggi, l’intera società ad affrontare i problemi posti dai disastri naturali di carattere catastrofico con maggiore responsabilità rispetto al passato, in modo preventivo, e non solo successivo, alle calamità.
Occorre riconoscere che, fin dai giorni di agosto, insieme all’avvio della macchina dei soccorsi e dei provvedimenti per la ricostruzione, il Presidente del Consiglio si è preoccupato di annunciare un vasto programma pluriennale di messa in sicurezza del patrimonio abitativo del paese, denominandolo Casa Italia e incaricando il Preside del Politecnico di Milano di metterne a punto la proposta.
L’annuncio è appropriato. Per quanto ci riguarda lo abbiamo raccolto subito, modificando il programma dell’annuale Conferenza per l’efficienza energetica e inserendo una sessione – la terza, nella mattina di martedì 22 novembre – dedicata all’integrazione degli strumenti di promozione dell’efficienza energetica con quelli per la messa in sicurezza antisismica. Gli interventi sono affini, gli investimenti possono essere sinergici e, da tempo, l’edilizia residenziale è riconosciuta come settore che presenta uno dei maggiori potenziali di risparmio energetico. Se ben impostato, il programma di messa in sicurezza del patrimonio abitativo può attivare risorse ingenti e rappresentare il centro propulsivo della ripresa economica.
Ma ogni semplificazione è fuori luogo. L’edilizia residenziale non è che una parte del problema e la sua soluzione non è facilmente mutuabile dalle scelte fatte in altri paesi del mondo soggetti a pericolosità sismica simile o maggiore della nostra. Come dice Leonello Serva, è una leggenda che in Giappone o in California i terremoti, anche quelli di intensità moderata, non provochino danni e lutti. Le cronache, anche recenti, smentiscono le affermazioni superficiali.
Inoltre, il patrimonio residenziale, in Italia, è spesso parte di centri storici antichi che pongono problemi di consolidamento e conservazione ben più complessi e costosi della costruzione di nuovi edifici e che dovrebbero essere considerati da interventi unitari, superando i problemi posti dallo spezzettamento delle proprietà. E poi ci sono, le strade, i ponti, le opere per i servizi strutturali, gli acquedotti, la produzione e distribuzione dell’energia, le sedi dei servizi per il soccorso, per l’ordine e la sicurezza pubblica e per fronteggiare le emergenze …
La prevenzione non è amministrazione ordinaria. Prima di essere una questione tecnica di protezione civile, è un problema di sistema, quindi innanzitutto politico e culturale.
Per il nostro paese, che ha omesso così a lungo di affrontare i problemi posti dalla sua altissima vulnerabilità, la prevenzione richiede di rivedere ogni priorità, in modo particolare quelle che riguardano l’ambiente e il territorio. Richiede alla nostra classe dirigente una prova di consapevolezza e di volontà politica inedite e alla stessa opinione pubblica uno slancio a sostegno di uno sforzo comune.
prevenzione, previsione
Scusate, ma non ho capito.
I terremoti, così come l’attività vulcanica, non si possono “prevenire”, si possono al massimo prevedere: quando arrivano, arrivano.
E allora a cosa ci si riferisce quando si parla di “prevenzione”?
Sempre se non ho capito male, l’oggetto della prevenzione possono essere o la minimizzazione della perdita di vite umane, ovviamente prioritaria, o la messa in sicurezza del patrimonio residenziale nato in zone remote e in tempi antichi quando l’allocuzione “criterio antisismico” non era ancora stata non dico inventata, ma si ricorreva alla stregoneria, al soprannaturale, alla vendetta di Dio per punire le nefandezze umane, per spiegare certi avvenimenti.
Mettere in sicurezza certi edifici significa adottare misure che spesso li deturpano (ho ancora negli occhi una casa vicino l’Aquila le cui mura erano cerchiate da fasce di acciaio che proprio belle non sono) e costano cifre rilevanti.
Qui si entra brutalmente nel campo dell’analisi rischi benefici (sempre fatta, quasi mai ammessa): vale la pena di spendere cifre gigantesche (ho sentito parlare di miliardi di euro: ricordando che un miliardo equivale a mille milioni si tratta di migliaia di milioni di euro) per salvare, imbruttendola, una chiesetta medioevale dove non va più nessuno?
Il dilemma è evidentemente più politico che tecnico, e su questo vorrei una risposta.
Va da sé che quanto detto non vale per le abitazioni, le scuole, gli edifici pubblici che, se crollano, possono mietere vittime e quindi devono essere resi più sicuri.
Ma anche qui ricordiamoci che né case rinforzate, né edifici di nuova costruzione resistono (ovviamente parlo di opere progettate e costruite “ad opera d’arte” come si diceva una volta) se arriva un terremoto di magnitudo sufficiente: chiedere a giapponesi, americani ecc. che pure ce la mettono tutta ma che di fronte ad eventi estremi non hanno difesa nemmeno loro.
Quindi mi pare che la messa a punto di una seria rete di monitoraggio che possa avvertire quando il sisma catastrofico sta arrivando e la conseguente definizione di adeguati piani di evacuazione possano essere una soluzione apprezzabile per salvare le persone: e se gli edifici cadono, cadono.
L’importante è che non cadano in testa alla gente.
Emblematico è quanto ha detto Rosa Filippini: in quest’ultimo terremoto non è morto nessuno non perché non siano crollati edifici, ma perché in quegli edifici non c’era nessuno.
Concludo facendo la considerazione che il territorio italiano è in grande parte zona sismica, quindi che vengano i terremoti, come ha in qualche modo chiarito Leonello Serva, è normale: facciamocene una ragione.
Il Colosseo tra diecimila anni probabilmente non ci sarà più, magari a causa di un terremoto, e non ci sarebbe nemmeno se si spendessero miliardi per tenerlo in piedi.
Nulla è eterno, nemmeno Roma.