Oggi:

2025-12-05 05:00

Fuori da un Evidente Destino

DONNE E MINIERE

di: 
Giovanni Brussato

L'estrazione mineraria artigianale su piccola scala (ASM) contribuisce in modo significativo all'approvvigionamento di minerali essenziali per le attuali tecnologie delle comunicazioni, digitali e della transizione energetica. La “più grande compagnia mineraria del mondo” impiega 50 milioni di persone sparse nel Pianeta e fornisce oltre 233 milioni di posti di lavoro indiretti. Fra questi, tante donne “invisibili”.

In Copertina: Donna minatrice artigianale di pietre preziose in Malawi. Credito: Virtu Gem.

 

La narrazione sui “minatori artigianali”, quell’esercito di disgraziati che alimenta le catene di approvvigionamento globali di materie prime, racconta storie di uomini, talvolta di bambini, quasi mai di donne.

Eppure, le donne costituiscono una parte significativa dei “minatori artigianali” anche se le stime su quale parte, in termini percentuali, rappresentino differiscono profondamente: si passa dal 18% della Banca Mondiale fino al 50% dell’Intergovernmental Forum on Mining.

Resta il fatto che in alcuni contesti, come in Guinea dove il 75% dei minatori sono donne, la percentuale di donne impegnate supera di gran lunga quella degli uomini.

Questo ampio intervallo di stime può essere spiegato da diversi fattori: il primo è la mancanza di dati, cronica per il settore e, più in particolare, quelli disaggregati per sesso. In parole povere, le donne che lavorano nelle “miniere artigianali” non vengono contate. Il loro contributo è spesso oscurato dal lavoro estrattivo più pesante, lo scavo, che viene svolto quasi esclusivamente da uomini.

Nella realtà, il lavoro delle donne è soggetto a molte variabili: dal minerale estratto, dal Paese e dalle dinamiche stagionali e, soprattutto, il lavoro delle donne è stato relegato alla periferia rispetto alla “miniera artigianale”. Ma le attività che  svolgono sono comunque faticose: la selezione, la frantumazione, la macinazione, il lavaggio, la setacciatura, la vagliatura. E, talvolta, altrettanto pericolose dello scavo, come la concentrazione dell'oro che richiede l'uso di mercurio o di altre sostanze chimiche tossiche come il cianuro.

L'esposizione al mercurio, per la mancanza di dispositivi di protezione durante il suo utilizzo nella fase di lavaggio del minerale, è estremamente grave: può essere inalato, deglutito o assorbito attraverso la pelle e, per le donne in gravidanza, può avere effetti neurotossici sullo sviluppo del feto. I congedi per gravidanza a rischio non esistono: la maggior parte delle donne che lavorano nelle “miniere artigianali” lavora fino al parto, e spesso tornano al lavoro dopo solo due mesi dal parto.

Questa “crisi di visibilità” influisce direttamente sull’analisi dei dati circa il numero effettivo degli impiegati nell’estrazione mineraria artigianale alterandoli in modo sostanziale: non esiste ancora un’uniformità universale nelle indagini sul fatto che attività come frantumare la roccia, lavare il materiale o trasportare sacchi di minerale costituiscano “attività mineraria”.

Questi compiti periferici, oltre a essere invisibili, sono i meno pagati nella catena del valore dell’attività mineraria artigianale, con le donne che guadagnano in media il 75% in meno degli uomini. Operativamente si trovano grado più basso della gerarchia: in Ghana, nell’estrazione dei diamanti, alle donne è consentito setacciare solo quanto resta dopo che gli uomini hanno estratto le pietre migliori. Ricevono le “sabbie nere”, a fine giornata e le portano a casa per setacciarle di nuovo, tra i lavori domestici, per estrarre i diamanti più piccoli.

Normalmente, le donne vengono pagate in minerale, ma ricevono quantità inferiori rispetto agli uomini; oppure la loro retribuzione avviene attraverso scarti di produzione da vagliare ulteriormente in cerca di un profitto.

Sono le donne che, in definitiva, sopportano in modo sproporzionato gli effetti negativi delle “miniere artigianali” poiché sono esposte a molteplici forme di insicurezza. Devono affrontare molestie, condizioni di lavoro non sicure, mancanza di servizi igienici e talvolta violenza. Ma, quel che è peggio, è che molto spesso non esiste un’opportunità alternativa per guadagnarsi da vivere e mantenere i propri figli.

Dunque, se la crescita vertiginosa del prezzo dell’oro contribuisce, seppure in maniera molto marginale, a ricadute positive anche per i minatori artigianali, “l’altra metà del cielo” resta comunque fuori da un evidente destino.