XVII CONFERENZA PER L’EFFICIENZA ENERGETICA
Occorre prendere atto del fallimento dell’European Green Deal basato sulle fonti rinnovabili elettriche intermittenti e sulle auto elettriche. Serve un’altra idea di transizione fondata sull’efficienza energetica, sulla neutralità tecnologica e sul nucleare per decarbonizzare garantendo la sicurezza energetica, senza perdere le nostre industrie e tutelando i territori naturali. È questo il messaggio della XVII Conferenza per l’efficienza energetica espresso dalle relazioni iniziali e dall’intervento introduttivo della Presidente degli Amici della Terra che pubblichiamo integralmente. Tutti gli atti della Conferenza possono essere consultatati nella pagina dedicata e tutti gli interventi di mercoledì 26 novembre e di giovedì 27 novembre 2025 possono essere rivisti sul Canale Youtube degli Amici della Terra. Prossimamente, su l’Astrolabio, gli approfondimenti di alcuni fra gli interventi più significativi.
In Copertina: Foto Giorgio Maiozzi, Amici della Terra
Per chi come noi è stato esplicitamente critico verso il Green Deal europeo fin dall’inizio, il suo fallimento non è certo una sorpresa. Tuttavia, anche oggi che non siamo più soli a vederlo, che addirittura la presidente del Consiglio Meloni ha speso parole chiare in proposito, la XVII Conferenza per l’efficienza energetica non può che prendere avvio da una valutazione puntuale dei fatti e dei dati della realtà, individuando gli ostacoli che ancora impediscono all’Italia e all’Europa di intraprendere una nuova strada efficace per la decarbonizzazione, non punitiva per l’economia e coerente con uno sforzo di coesione europeo.
Innanzitutto, c’è l’incapacità dell’Unione Europea di prendere pienamente atto del fallimento. Gli aggiustamenti introdotti dal Consiglio UE dei ministri dell’ambiente del 4 novembre scorso per raggiungere un accordo in vista della COP 30 si limitano a diluire gli impegni per obiettivi già mancati. Ma, confermando gli obiettivi a medio-lungo termine (2030-2050), si mantengono intatte le contraddizioni strutturali dell’European Green Deal e non si pongono neanche le basi di una nuova impostazione che possa massimizzare i risultati possibili nel processo di decarbonizzazione nell’Unione Europea e che, necessariamente, implica obiettivi realistici.
L’European Green Deal partiva dal presupposto che l’Unione Europea avrebbe potuto avere la leadership del processo di decarbonizzazione globale, in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi del 2015 che indicavano una rapida riduzione dei combustibili fossili e delle emissioni necessaria a contrastare, secondo l’IPCC, il processo di riscaldamento climatico.
Invece, dieci anni dopo Parigi, l’Unione Europea ha sì conseguito una riduzione dei consumi di energia e delle emissioni, ma al prezzo di un incombente processo di deindustrializzazione e di una delocalizzazione degli stabilimenti con maggiori emissioni che non cancella l’effetto climalterante a livello globale, anzi lo peggiora. E, comunque, anche la riduzione interna resta insufficiente a raggiungere l’obiettivo del 55% al 2030 dell’European Green Deal: le emissioni si sono ridotte del 35% rispetto al 1990 e il consumo di fonti energetiche fossili nel 2024 nella Unione Europea pesa ancora per il 74% del mix energetico.
Ed è certamente fallito anche l’obiettivo strategico più ambizioso dell’European Green Deal e degli obiettivi dell’accordo di Parigi, quello di trascinare l’economia mondiale in un repentino processo di decarbonizzazione: dal 1990 al 2024 le emissioni mondiali di GHG sono aumentate del 65%, i consumi di energia sono aumentati dell’84% e, oggi, il peso delle fonti fossili è dell’81%, con un trend di continua crescita del loro utilizzo, come confermato anche dal recentissimo World Energy Outlook 2025 della IEA.
La realtà dei dati mostra un ruolo ininfluente dell’Europa nelle politiche climatiche globali che, infatti, pesa solo il 5,9 % sulle emissioni mondiali.
Quanto a possibili leadership tecnologiche, emerge con evidenza l’errore di affidarsi quasi esclusivamente alle fonti rinnovabili elettriche intermittenti, ai veicoli elettrici e alle batterie. Tutte tecnologie le cui intere filiere produttive, a partire dai minerali critici necessari, sono diventate monopolio cinese, creando una nuova dipendenza (dopo aver sperimentato a caro prezzo quella del gas russo) e compromettendo quasi irrimediabilmente l’industria automotive europea.
Foto Giorgio Maiozzi, Amici della Terra
Allo stesso tempo, dopo l’esperienza del blackout in Spagna e dei lunghi periodi di assenza di vento in Germania, è ormai riconosciuto che eolico e fotovoltaico non potranno sostituire le fonti fossili, nemmeno nel settore della produzione di elettricità decarbonizzata, proprio a causa delle loro caratteristiche intrinseche di intermittenza e di simultaneità, e che, anzi, la loro espansione nei sistemi elettrici oltre una certa soglia è causa di aumento incontrollato degli oneri di sistema e, conseguentemente, del prezzo dell’energia. A questo proposito, sembra incredibile che le politiche europee continuino a imporre obiettivi di espansione di queste tecnologie in aperta contraddizione col principio di neutralità tecnologica.
Di fronte a questo scenario, che richiederebbe un radicale cambio di approccio, emerge con evidenza l’inadeguatezza delle scelte che stanno maturando nelle istituzioni UE. La Commissione, il Consiglio e il Parlamento sono orientati a confermare, attribuendogli un valore legale, l’obiettivo ormai irraggiungibile del -90% nel 2040 e, al contempo, introducono una serie di correzioni parziali come il rinvio di un anno per l’applicazione dell’ETS2, la flessibilità dell’uso di crediti di carbonio fino al 5% per l’obiettivo 2030 di riduzione dei GHG, la possibilità (sic!) nei prossimi anni di rivedere gli obiettivi dell’European Green Deal, e l’apertura ad un rinvio dello stop ai motori a combustione interna fissato per il 2035. Così si attenuano solo a breve termine alcune misure dell’European Green Deal ormai palesemente insostenibili sul piano economico, sociale e politico.
Una nuova strategia europea
Per gli Amici della Terra, invece, è tempo di una transizione “possibile” in Europa, che definisca nuove strategie sulla base dell’esperienza e di previsioni costruite sui dati rilevati. Non si tratta di rinunciare alla decarbonizzazione, ma di tracciare un percorso pragmatico, socialmente ed economicamente accettabile ed efficace, fondato su obiettivi realistici.
Una transizione che valorizzi tutte le soluzioni effettivamente disponibili nel breve, medio e lungo periodo, senza preclusioni ideologiche, nel rispetto del principio di neutralità tecnologica, a partire dai miglioramenti dell’efficienza energetica, che restano per gli Amici della Terra la priorità: dall’impiego della cogenerazione, del teleriscaldamento, delle pompe di calore, dei biocombustibili, al recupero energetico da rifiuti, alla riduzione delle emissioni di metano, all’utilizzo dell’energia nucleare.
Siamo convinti che gli strumenti di mercato siano la forma più efficiente ed efficace nelle politiche ambientali quando hanno la capacità di modificare i comportamenti delle imprese e dei cittadini verso scelte sostenibili, non tanto come capacità di fare cassa per lo Stato. In questo senso, è necessario aprire una riflessione sull’efficacia dell’ETS che, in vari comparti, si traduce solo in un costo per via dell’assenza di alternative più sostenibili. In alcuni casi, addirittura, l’onere del costo porta alla chiusura o alla delocalizzazione di settori che hanno raggiunto già standard elevatissimi di efficienza ambientale, causando così un aumento delle emissioni a livello globale.
Foto Giorgio Maiozzi, Amici della Terra
Una proposta italiana
L’Italia potrebbe essere capofila per promuovere nell’Unione Europea un superamento dell’European Green Deal basato su una nuova strategia di decarbonizzazione che possa veramente essere sinergica con politiche industriali connesse alla realtà e ai potenziali dell’Europa nei nuovi scenari geopolitici.
Il Governo italiano deve fare un salto di qualità, superando le iniziative su singoli aspetti dell’European Green Deal ed elaborando una nuova impostazione organica con una prospettiva europea. Per fare questo, è indispensabile avviare l’elaborazione di una proposta di PNIEC che non sia condizionata dall’European Green Deal ma che, invece, prefiguri la svolta necessaria per superarlo dando una nuova prospettiva alle politiche energetico ambientali per la decarbonizzazione. Questo percorso può essere avviato concretamente anche adottando prime scelte che vadano in questa direzione:
- Adottare come priorità la promozione dell’efficienza energetica nel tessuto produttivo italiano. È necessario incentivare le scelte delle imprese nelle decisioni di investimento per i miglioramenti di efficienza energetica nei processi produttivi; a partire dall’industria manifatturiera. Queste politiche possono portare, con costi sostenibili, a risultati importanti sia in termini di riduzione delle emissioni che di aumento della competitività. Gli strumenti principali da utilizzare sono il rilancio dei Certificati Bianchi e l’evoluzione delle misure come Transizione 5.0 sulla base delle esperienze maturate in questi anni.
- Promuovere un processo di rinnovo del parco veicolare per il trasporto delle persone e delle merci con criteri di neutralità tecnologica. Ciò consentirà di valorizzare le migliori tecnologie disponibili in termini di efficienza energetica dei motori a combustione interna e impiego di biocarburanti e carburanti alternativi. Una strategia di questo tipo potrebbe essere sinergica con la valorizzazione delle eccellenze della filiera dell’industria dell’automotive e dell’industria navale italiane.
- In questa prospettiva andranno inquadrate misure equilibrate per sostenere il potenziale effettivo di penetrazione della mobilità elettrica, in sinergia con misure di politica industriale che possano far emergere un ruolo significativo dell’industria europea in questa filiera. La promozione dei veicoli elettrici dovrà avvenire tenendo conto della effettiva sostenibilità in chiave di analisi del ciclo di vita (LCA) e dei processi produttivi senza alimentare nuove dipendenze tecnologiche nelle catene di approvvigionamento.
- È necessaria una strategia di lungo periodo per la riqualificazione energetica degli edifici, con obiettivi 2030-2050, basata su un nuovo sistema di misure di sostegno stabile, superando gli errori del superbonus, per accelerare il tasso di intervento sugli edifici esistenti, con interventi sugli involucri per ridurre il fabbisogno energetico. Sono condivisibili le linee di indirizzo del PNIEC 2023 per il riordino del sistema delle detrazioni ma è necessaria una proposta normativa che possa essere oggetto di una adeguata consultazione pubblica. Le tecnologie chiave per l’efficienza energetica e la diffusione delle rinnovabili nei consumi degli edifici saranno le pompe di calore, gli impianti ibridi, il teleriscaldamento, la riqualificazione del parco esistente di impianti a biomasse e la diffusione di elettrodomestici efficienti. Le misure di promozione delle diverse opzioni tecnologiche disponibili dovranno essere basate sulla individuazione degli ambiti con maggiori opportunità e potenzialità di intervento a partire dalla struttura degli stock delle abitazioni ripartite per zona climatica, tipo di edificio in cui sono collocate (monofamiliari o plurifamiliari) e tipologia di impianto di climatizzazione (centralizzato o autonomo).
- In Italia, il recupero energetico dei rifiuti è una scelta che può dare un importante contributo alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti. È necessario dotare il Paese di un sistema impiantistico di gestione dei rifiuti adeguato alla realtà italiana a partire dalla realizzazione degli impianti di termovalorizzazione la cui assenza ha incrementato a dismisura l’uso delle discariche e le conseguenti emissioni di metano. Ciò può essere fatto recependo gli obiettivi e le indicazioni di intervento formulate dal Rapporto ISPRA “Il metano nell’inventario nazionale delle emissioni di gas serra. L’Italia e il Global Methane Pledge”.
- La riduzione delle emissioni dirette di metano del settore energetico (-55% dal 1990 al 2025) rappresenta un caso di eccellenza in Italia, in particolare della filiera del gas naturale. La principale opportunità che emerge da questa esperienza italiana è quella di trasferire il know how della riduzione delle emissioni di metano alle filiere oil and gas nei paesi produttori da cui continueremo ad importare risorse energetiche nei prossimi decenni. Questa opportunità può integrare il Piano Mattei con iniziative di cooperazione internazionale finalizzate all’ottenimento di crediti di carbonio di qualità, anche grazie al nuovo approccio che l’Unione Europea sta introducendo per il loro utilizzo finalizzato al conseguimento dei propri obiettivi.
- Le città che hanno sviluppato le reti di teleriscaldamento hanno conseguito risultati importanti non solo per la riduzione delle emissioni climalteranti ma anche nella lotta all’inquinamento dell’aria, specie da particolato. Questi risultati incoraggiano ad ampliare le esperienze dovunque sia possibile recuperare il calore che altrimenti andrebbe disperso. C’è un grande potenziale di crescita del settore. Oggi, sono aumentate le fonti che potrebbero essere integrate nelle reti ma è necessario garantire condizioni stabili che permettano al settore di svilupparsi. Gli investimenti in opere infrastrutturali importanti ed onerose hanno tempi di ritorno medio lunghi e hanno bisogno di regole coerenti nel medio e lungo periodo in termini di fiscalità, di capacità di programmazione e schemi di supporto (in conto capitale come i fondi pubblici e in conto esercizio come i CB), senza dimenticare gli interventi a favore degli utenti vulnerabili.
Infine, occorre affrontare con decisione il problema delle fonti rinnovabili elettriche intermittenti, del loro impatto sociale e ambientale e del peso che la loro incentivazione rappresenta sul costo dell’energia per famiglie e imprese. Infatti:
- I dati sull’andamento della penetrazione elettrica in Italia, che oscillano attorno al 22% da più di un decennio, spiegano bene perché l’aumento della produzione di elettricità da FER ha un impatto limitato sugli obiettivi di decarbonizzazione. Nel 2024, in Italia la produzione di eolico e fotovoltaico pari a circa 5000 ktep copre solo il 4,6% dei consumi finali di energia (circa 109.000 ktep).
- I costi delle politiche italiane di promozione delle fonti rinnovabili elettriche intermittenti (eolico e fotovoltaico) hanno contribuito a determinare un livello dei prezzi dell’energia elettrica tra i più alti della Unione Europea e ulteriormente ostacolato il processo di elettrificazione dei consumi energetici.
- L’impatto ambientale e paesaggistico degli impianti eolici e fotovoltaici nel territorio italiano è stato gravemente sottovalutato. I nuovi impianti eolici, con torri alte anche oltre i 200 metri, sono stati realizzati e vengono previsti a caso, in aree sempre più vaste, con la conseguente devastazione di paesaggi storici, compromissione dei valori culturali e alterazioni irreversibili di valori ecosistemici, minando anche attività turistiche e agricole. Gli impianti fotovoltaici a terra stanno raggiungendo dimensioni e una diffusione che, oltre agli impatti paesaggistici, li ha resi il principale fattore di consumo del suolo come documentato da ISPRA.
- Le semplificazioni normative e la deregulation di cui godono questi impianti rispetto a qualsiasi altra struttura industriale, quali che siano le vocazioni dei territori e le condizioni di effettiva produttività, hanno reso queste fonti un simbolo di imposizione centralistica alle popolazioni residenti delle zone interne e delle aree agricole.
Per tutti questi motivi, è arrivato il momento di rivedere gli obiettivi di sviluppo delle FER elettriche intermittenti e di riallocare le ingenti risorse a loro attualmente destinate direttamente (o indirettamente, a causa della necessità di ampliare la rete elettrica e di provvedere agli accumuli) investendo, invece, nella promozione dell’efficienza energetica, in modo sinergico alla penetrazione delle fonti rinnovabili nei consumi termici e nei trasporti.
In particolare, è necessario interrompere il sostegno destinato alle FER elettriche intermittenti tramite gli oneri di sistema, avviando un percorso graduale di alleggerimento del loro peso sulla bolletta elettrica italiana come indicato dall’ARERA.
Sarà così possibile sostenere un processo di elettrificazione dei consumi basato su scelte consapevoli delle famiglie. In questa prospettiva, occorre avviare con decisione il processo di reintroduzione dell’uso dell’energia nucleare nel nostro paese, pianificando fin d’ora tempi e modalità in relazione al contributo che un giusto mix delle fonti energetiche potrà dare al processo di decarbonizzazione.
Il Rapporto su obiettivi e realtà delle politiche climatiche presentato dagli Amici della Terra alla XVII Conferenza nazionale per l’efficienza energetica offre un’analisi dei dati sui trend energetico-ambientali dell’Unione Europea messi a confronto con quelli mondiali. Nella seconda parte, il Rapporto presenta un quadro aggiornato delle stesse criticità nella realtà italiana.